Uno dei primi infermieri del 118 lascia il servizio per andare in pensione: dalle parole di Fabrizio Mazza ricostruiamo la storia del 118 che è arrivato fino a noi, pronto per rinnovarsi e migliorare, crescendo sulle spalle di chi ci ha preceduto.

RIMINI – Dopo tanti decenni di servizio, uno dei primi infermieri del 118 di Rimini va in pensione e saluta, con una sincera testimonianza, tutto il mondo del soccorso. Fabrizio Mazza è stato per tantissimo tempo una colonna del mondo infermieristico romagnolo di emergenza extra-ospedaliera. Già referente regionale della SIIET, Mazza ha vissuto in prima persona tante esperienze che hanno prima portato alla fondazione del 118 e poi al suo sviluppo come realtà di soccorso avanzata, rapida ed efficace.
L’inizio della carriera di Mazza è avvenuto durante la leva militare:”Una domenica mattina alla fine del 1983 una sciagura coinvolse miei commilitoni in Liguria; ero in forza come infermiere di Marina presso il PS dell’Ospedale Militare di La Spezia, misi piede su un’ambulanza per la prima volta in quel periodo e, anche se con alterne vicende e in modo discontinuo fino agli anni ’90, da quella pedana, sostanzialmente, non sono più sceso“. Ecco, tratto dal suo post su facebook, il commiato dalla professione di Mazza. Un commiato che speriamo sia solo dall’operatività quotidiana dei turni, e non dal mondo del 118 in generale che, da sempre, ha bisogno del contributo di chi lo ha vissuto a pieno, affinché si possa migliorare e dare alle giovani leve esempi, modelli e spunti per crescere meglio.

Il primo corso EMT4 a Rimini: primi infermieri per il 118

Operavo già da tempo a doppio mandato nel servizio quando feci la prima formazione specifica, il corso denominato EMT4, che si tenne nei giorni della pubblicazione del Decreto istitutivo del 118: una circostanza e una coincidenza a me molto care alla luce pure della ricorrenza del trentennale da quella norma che proprio quest’anno si è celebrata. Si rimaneva chini a bordo di quei mezzi, si manovrava la lettiga con un carrello di cui era priva, ci si serviva di sacchetti di sabbia nella immobilizzazione degli arti e si indossavano divise alquanto diverse da quelle di oggi. Nostri compagni erano gli Autisti Soccorritori, insostituibili, a cui mi sento intimamente legato fin dall’inizio. Grazie a quelli di allora che mi accolsero e guidarono, grazie a quelli di oggi di cui testimonio la continua crescita professionale e che ancora permangono in attesa dell’identificazione formale del proprio profilo.Siamo un paese che colpevolmente indugia nelle decisioni e alla fine, talvolta, le prende pure sbagliate.

Tante mancanze a cui sopperiscono passione e abnegazione dei soccorritori

Era un lavoro nuovo e, giorno per giorno, si è cercato di costruire, correggere, organizzare il servizio con il contributo di ciascuno strutturando una formazione adeguata. Arrivarono poi le automediche, gli elettrocardiografi a valigetta 24 ore idonei alla tele trasmissione ecg, molto altro materiale e i conseguenti adeguamenti organizzativi: una innovazione continua, anche nei processi operativi. Se oggi siamo ciò che siamo lo dobbiamo certamente ai Direttori, Dirigenti e Coordinatori nel tempo succeduti: un ruolo gravoso che ha richiesto loro, oltre che qualificazione e impegno rilevanti, di saper leggere e vedere più lontano di altri nella consapevolezza che una organizzazione che non governa l’oggi e affronta le sfide del domani invecchia, e muore.
Alle Istituzioni, Professioni e Cittadini, con le rispettive responsabilità, spetterà delineare il futuro e il ruolo del Servizio di emergenza pre-ospedaliero e, vista la crisi attuale del sistema, occorrerà farlo celermente e bene: bisognerà chiarire le funzioni proprie del 118 e quelle che ad altri servizi competono. Esperienze significative quelle maturate come Infermiere Coordinatore di cui ho compreso la complessità del ruolo, in Centrale Operativa di cui ho testato intensità e peculiarità, nel centro di formazione Rimini Cuore / IRC Romagna che molto mi ha arricchito, la nascita del 118 Romagna e le conseguenti ricadute operative, oltre a quanto lungamente provato in ambulanza e automedica.

Medici e infermieri, un binomio inscindibile

Ho lavorato fianco a fianco con i Medici, che saluto con affetto, in molte occasioni e con l’indispensabile collaborazione degli operatori del sistema, di centrale, elisoccorso e mezzi su gomma, e pure per merito di coloro appartenenti ad altri enti, ci siamo espressi in interventi di alto livello professionale: uno spettacolo, letteralmente, quello più volte messo in campo.
Siamo intervenuti in ogni luogo, con qualsiasi meteo, senza limiti al tempo, per tanti eventi, anche grandi: abbiamo fatto squadra, sempre. L’integrazione fra professionisti, di cui il nostro servizio è unicamente composto, non è una parola nuova ma è sostenuta quotidianamente e fattivamente. La recente pandemia, ulteriormente, ha messo in luce le criticità dei servizi sanitari pubblici che dovranno essere ridisegnati. Molte riforme e progetti sono oggi in cantiere, confido saranno rivolti ai nuovi bisogni di salute del cittadino e alle risposte appropriate da fornire: guardando avanti, non al secolo scorso, mettendo i professionisti nelle condizioni di esprimersi al meglio e in chiave moderna.

Ora è il momento degli Infermieri

Faccio manifestatamente il tifo per le Infermiere e gli Infermieri del 118 da sempre, una debolezza forse, la stessa mi spinse a dare un contributo al nucleo regionale E.R. di S.I.I.E.T.: esperienza preziosa e indimenticabile che mi ha consentito di avere a che fare con professionisti di notevole caratura. Ho conosciuto nel tempo colleghi dotati di grandi capacità ed esperienza e altri di dedizione ed entusiasmo: non un giorno è passato senza che imparassi qualcosa e per questo vi sono molto grato. Sappiamo che il nostro lavoro richiede dinamicità e specifiche competenze ma è poco o mal compreso, talora, da coloro che l’extra ospedaliero non vivono. Siamo consci di quanta attenzione e prudenza siano necessarie nell’agire quotidiano e come risultino pericolose nella nostra professione sia l’ignoranza che la supponenza. Abbiamo ripartito i ringraziamenti degli assistiti, le critiche o le incomprensioni, i falsi allarmi, le disgrazie e i disgraziati, la sabbia, il sudore e la fatica, la diligenza negli interventi: ben sappiamo di maneggiare la salute e la vita delle persone, beni infinitamente preziosi. Abbiamo spartito la gratificazione per gli eventi risolti positivamente e la frustrazione per quelli avversi nonostante gli sforzi profusi, l’adrenalina e l’eccitazione di alcuni interventi, i sorrisi delle vicende buffe e lo stupore per quelle surreali, la soddisfazione o la perplessità per le narrazioni che gli organi d’informazione ci hanno nel tempo riservato. Abbiamo sfoggiato pazienza, infinita, verso i fenomeni che di tanto in tanto volevano insegnarci il nostro lavoro e mostrato accortezza, tanta ma mai abbastanza, nell’approccio verso coloro che sempre più di frequente si manifestano violenti e fuori di senno.

I nuovi infermieri faranno meglio dei vecchi: devono fare tanto, ma non tutto.

Ci siamo informati, formati, raccontati e confrontati perché siamo professionisti certi che il meglio è sempre possibile; ci siamo avvicinati, ascoltati, supportati e sostenuti perché siamo innanzitutto persone con i loro dubbi e fragilità. Insieme abbiamo visto e fatto cose, inenarrabili ai più, che generano emozioni fortissime che non svaniscono ma perdurano e sedimentano nell’animo presentandoti talvolta il conto e rubando una lacrima. Abbiamo convissuto una passione, ed è stato fantastico. Sono pure convinto che i “nuovi” colleghi, per loro merito, saranno e faranno meglio di chi li ha preceduti a beneficio del Servizio e, soprattutto, dei nostri concittadini: ritengo significhi proprio questo l’essere orientati al cambiamento e al miglioramento. Immaginare questo mi appaga e mi dà speranza nella convinzione che l’evoluzione della professione dipende innanzitutto proprio da noi stessi: non avremo paura della nostra uniforme ben sapendo che a oggi sul campo facciamo tanto, non tutto. Ho condiviso con Voi, però, anche qualche amarezza: nonostante ciò che sappiamo, nonostante ciò che facciamo è sempre difficile riconoscerci per ciò che siamo; pare non sia mai abbastanza, non è mai il momento degli Infermieri. Aspettiamo il congruo riconoscimento professionale, giuridico, sociale, culturale ed economico: attendiamo da tempo, tanto tempo.

Auguri di buona consapevolezza

È giunta l’ora in cui le competenze, e le responsabilità che ne conseguono, si pubblichino, si certifichino, si paghino, come è giusto che sia a garanzia dell’assistito e a tutela del professionista. Viviamo un momento storico complicato ma ciononostante conservo fiducia e ottimismo: se lucidamente affrontate le crisi spesso portano a innovazione e rinascita.
Oggi svesto questa divisa che tanto mi ha donato, ritengo di grande pregio l’averla indossata, e infine brindo per una doppia e sfacciata fortuna: ho avuto l’opportunità di fare il lavoro che volevo nel Servizio che desideravo. Del resto si sa che le cose evolvono continuamente così come gira la ruota della vita ma tale consapevolezza è, forse, la cosa più difficile da maturare.
Non sono ancora certo di cosa farò da grande ma ci sto pensando, nel frattempo intendo augurare ogni bene a ciascuno di Voi. Buona fortuna.