Il 118 è un servizio che non è mai stato unico.
Neppure con il NUE112 sembra avvicinarsi all’obiettivo di avere – dovunque – ambulanze con determinati soccorritori a bordo.
Perché? E che strada prendere?
Manca poco al trentennale del 118 in Italia. Era un atto di indirizzo, quel decreto presidenziale del 27 marzo 1992 che avrebbe dovuto far partire un 118 uguale in tutta Italia, regioni autonome comprese. Un atto di indirizzo – bisogna ricordarlo – non è esattamente una legge dello Stato. E’ una fonte secondaria, sopra alla quale le Regioni hanno costruito sistemi di emergenza extra-ospedalieri molto diversi fra loro.
Il personale infermieristico professionale, nello svolgimento del servizio di emergenza, può essere autorizzato a praticare iniezioni per via endovena e fleboclisi, nonché a svolgere le altre attività e manovre atte a salvaguardare le funzioni vitali, previste dai protocolli decisi dal medico responsabile del servizio.
Dovevano esserci livelli di assistenza pre-ospedaliera uguali su tutto il territorio nazionale. Abbiamo realtà dove puoi ricevere cure da un anestesista-rianimatore sul versante di un monte, e da un medico di medicina generale sull’altro. Tradotto: ambulanze e soccorritori non sono uguali per tutta Italia, a volte neppure nella stessa Regione. Ma non può più andare sempre bene tutto.
Se fino a pochi anni fa nessuno si interessava dell’extra-ospedaliero perché era un’area dove non si potevano ottenere grandi risultati, da almeno 10 anni l’evoluzione delle tecnologie e delle competenze in tutto il mondo ha imposto di ripensare questo modello per portare cure migliori con i professionisti giusti, nel momento giusto. Oggi esistono esempi – consolidati su dati precisi – di nazioni che migliorano gli standard sanitari partendo proprio dalle attività e dalle competenze messe in gioco fuori dall’ospedale. Noi siamo pronti per rivoluzionare il nostro sistema e renderlo al passo con i tempi del terzo millennio?
L’obiettivo che si sono posti i soccorritori è molto ambizioso. Medici, infermieri, tecnici e volontari a bordo dei mezzi di soccorso stanno cercando di trovare una soluzione ideale per garantire a tutti i cittadini, da Aosta a Siracusa, la stessa identica tipologia di mezzi, di professionisti e di volontari a bordo dei mezzi di base e dei mezzi avanzati. Dall’ambulanza all’elisoccorso passando per le auto-mediche e le – ancora troppo poco utilizzate – auto-infermieristiche.
Certo, ci sono ovviamente delle resistenze “di sistema”. Ma oggi ci sono due documenti ufficiali che hanno dato il via alle discussioni. Le due posizioni più importanti ad oggi sono quelle di SIIET e SIAARTI.
Cosa propongono?
Definire cosa può fare l’infermiere di emergenza territoriale. SIIET ha pubblicato un paper molto dettagliato che è disponibile sul sito della società scientifica che puoi scaricare qui.
Organizzare al meglio il personale per dare equità di risposta su tutto il territorio nazionale – SIAARTI ha proposto degli standard minimi di riorganizzazione insieme a CPAR e AAROI. Standard che vanno in una direzione molto precisa. Puoi trovare la posizione SIAARTI qui.
Adeguata formazione mettendo insieme tutte le competenze, inclusa quella ancora non riconosciuta dell’autista-soccorritore.