Quali principi fondamentali devono guidare ogni professionista nel suo percorso di formazione? Gli spunti emersi durante il REEC2021 raccontano di un’Europa molto più uniforme di quanto non sembri. 

Non è facile tradurre il vecchio adagio italiano “chi non si forma, si ferma”. Ma al centro della discussione del REEC2021, il meeting di raccordo fra le varie realtà formative NAEMT del vecchio Continente, c’è stato anche questo punto. Ovvero, quanto deve studiare durante la sua attività professionale un operatore del soccorso, per essere sempre al passo con le migliori cure erogabili al paziente?

Formazioni in emergenza diverse ma standard di cura uguali. Partiamo dall’UK

Jess Pitteloud, swiss NAEMT

Per capire meglio come funziona la formazione in emergenza continua in Europa abbiamo interpellato Will Broughton, professore associato di scienza paramedica alla Buckinghamshire New University, Coordinatore UK della NAEMT e professionista impegnato in prima linea nel London Ambulance Service. Può apparire errato mettere sullo stesso piano un paese dove ci sono i paramedici e un paese dove questi non ci sono. Ma la realtà anglosassone è meno lontana da quella di altri paesi europei. “In UK per diventare paramedico servono 3 anni di corso di laurea. Durante questo periodo si passano parecchie ore di tirocinio sulle ambulanze, effettuando manovre sotto tutoraggio e guadagnando competenza, assistendo molti pazienti mentre si studia”.

Paramedici si, ma la formazione è continua

Il lavoro del paramedico, nella sua complessità, richiede molto aggiornamento. Proprio per maturare capacità, e affinare la tecnica è previsto che al termine degli studi si effettuino corsi per il miglioramento professionale. Questi corsi non danno più qualifiche al professionista: “La qualifica si ottiene con l’istruzione, ma i paramedici che già lavorano in ambulanza posso fare refresh delle competenze, fare l’update dei principi di lavoro, usando per esempio il PHTLS, affinché possano tornare sul campo e applicare meglio ciò che già sanno”.
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La marcia in più? Tempo per la ricerca, tempo per il confronto

Quello che differisce in maniera fortissima nel processo formativo del paramedico – in UK e generalmente in terra anglofona – è il tempo dedicato alla ricerca e alla pubblicazione dei dati accumulati. “Penso che siamo davvero fortunati in UK ad avere un così grande network di ricercatori attivi, sia in ospedale che nel pre-ospedaliero” spiega Broughton. “Io stesso sono volontario nella commissione di ricerca del College of Paramedici. Ci sforziamo continuamente per cercare nuove strade di miglioramento, per dare ai pazienti outcomes migliori. Siamo fortunati ad avere un buon sistema di finanziamento nazionale, e dei sanitari che vogliono supportare progetti di ricerca per incrementare la qualità dei servizi offerti ai pazienti. E’ una situazione privilegiata, nata grazie ai paramedici che hanno un percorso di studi che permette di sfociare nella ricerca, a disposizione di qualsiasi paramedico inglese”.

Segui la Forza del feedback

Se la qualità di un sistema formativo parte dallo studio, poi si sviluppa sul re-training. Un mondo che è radicalmente cambiato negli anni, soprattutto nei punti dove era più difficile dare valutazioni: quello della pratica. Al REEC2021 ne ha parlato – sul tema specifico delle vie aeree – James C. Pitteloud, anestesista svizzero, PHTLS provider e medico dell’emergenza: “La prima cosa su cui concentrarsi oggi è dare scenari realistici, perché quando per esempio si parla di vie aeree non serve a niente chiedere al trainer se c’è un’ostruzione delle vie aeree. I pazienti non girano con la scritta “airway obstruction” sulla fronte. Il discente deve essere capace di riconoscere segni e sintomi da solo. Per questo motivo ci sono molti video che usiamo, per capire come riconoscere una vera ostruzione delle vie aeree. Ma se fino a poco tempo fa i training si basavano sulle capacità di effettuare una manovra, oggi si basano totalmente sul feedback. Quando devi allenare una capacità, devi controllare l’efficienza. Il settore dove questo è più evidente è la CPR. Ovviamente, oggi, anche quando fai direttamente CPR sul paziente devi avere una sorta di feedback. Per i pazienti con trauma è molto più difficile, ma è importante avere un feedback su qualsiasi azione tu compia”.

Fai ciò che sai, con quello che hai. E basta.

Il concetto finale però è uno e uno soltanto: studiare, certificarsi, imparare nuove tecniche e migliorare le proprie capacità hanno un solo obiettivo. “Applicare le manovre migliori possibili sul paziente” spiega ancora Pitteloud. E le manovre migliori non sono quelle più complesse, o quelle che ti obbligano a usare il dispositivo all’ultimo grido. Le manovre migliori sono quelle che conosci meglio, applicate con gli strumenti che hai a disposizione. “Le regole sono molto molto semplici, soprattutto nell’airway management: risolvi il problema, qualunque sia il tuo livello di formazione in emergenza, qualunque sia il device che hai a disposizione per risolverlo. In certe situazioni è fondamentale fare di meno per portare a casa molto di più in termini di minuti e sopravvivenza del paziente. Non è vero che tutti i soccorritori devono saper portare in ospedale il paziente intubato. Tutti i soccorritori devono saper portare in ospedale un paziente con le vie aeree pervie, libere. Se riesci a liberare le vie aeree con le dita perché no? Se ti serve qualcosa di più, affronta la cosa, ma risolvi il problema.”