Gran parte della Toscana, zone della Lombardia, della Campania e della Calabria vedono crescere le polemiche degli amministratori contro la carenza dei medici e la loro sostituzione con personale infermieristico. Perché sono polemiche dannose e inutili? Perché il medico e l’infermiere non sono la normalità in ambulanza e devono esserci quando è necessario?

In Italia la politica scopre il ruolo cruciale del soccorritore solo quando questo finisce sui giornali. Non è un caso che venga spesso creata polemica da consiglieri comunali, regionali o da parlamentari attenti ai sentimenti delle popolazioni locali, sfruttando titoli ad alto impatto emotivo. Ne è un esempio il lavoro fatto dal quotidiano “La Nazione” che pochi giorni fa titolava: “Scatta la rivoluzione 118 e subito un malore Va in arresto cardiaco, ma il medico non c’è“. L’autrice del pezzo certamente non conosce la catena della sopravvivenza che permette ai pazienti colpiti da arresto cardiaco di avere un outcome positivo in casi gravi. Ma legare la sopravvivenza di una persona alla presenza sul posto – immediatamente – di un medico purché sia è abbastanza offensivo per – nell’ordine – i bystander che fanno CPR, i soccorritori volontari che arrivano sempre per primi sulla scena, gli infermieri delle postazioni avanzate e il personale medico a bordo delle eliambulanze. Pensare che un qualsiasi medico (vanno bene anche gli oculisti?) solo perché medico garantisca una qualità del servizio superiore è un retaggio ottocentesco, di quando “il dottore” faceva tutto e arrivava a casa col calesse. Oggi non ci sono più medici specialisti a sufficienza per coprire i posti del Pronto Soccorso, figuriamoci quelli per il 118. A Taranto – per fare un esempio – non ci sono medici nelle postazioni da mesi. La stessa cosa avviene a Bergamo, in Val Susa, a Cosenza e in tante altre città e zone remote di provincia. Per supplire alla mancanza di medici, in alcune aree il personale che fa guardia medica è lo stesso che deve stare sull’automedica. Con evidenti problemi organizzativi che vengono scaricati sulla testa dei professionisti sanitari.

Dove non ci sono problemi di questo tipo?

Le realtà dove questo tipo di problemi non esistono sono le realtà dove il servizio territoriale vede la massima integrazione fra medico e infermiere. Dove il medico del 118 collabora con l’infermiere sul territorio e in postazioni remote, per le quali la presenza sanitaria avanzata è quella dell’infermiere di area critica, un professionista formato per gestire tutte le situazioni con protocolli di alto livello. In quei territori – come l’Emilia-Romagna – la polemica è scarsa, e sui giornali si tende a fare maggiore lavoro di informazione a favore del cittadino, piuttosto che una polemica buona solo per fini elettorali.

La posizione della SIIET in merito alla polemica sugli infermieri

La Società Italiana degli Infermieri di Emergenza Territoriale (SIIET) in un comunicato ha espresso solidarietà e vicinanza agli infermieri del 118 Firenze-Prato che si trovano per l’ennesima volta al centro, loro malgrado, di polemiche non giustificate e strumentali riguardanti le chiusure, ampiamente prevedibili, di punti di emergenza medicalizzati che, al fine di mantenere un buon livello di sicurezza per la popolazione, vengono riconvertiti in infermieristici.

“Accade a Montemurlo, San Casciano e, inutile dirlo, chissà dove in futuro. Già nel dicembre scorso SIIET aveva portato alla luce alcuni disagi nel territorio fiorentino causati dall’improvvisa carenza di medici in una postazione geograficamente “complessa”. Più volte i colleghi, da tutta la regione Toscana, hanno richiesto maggiore attenzione nei loro confronti per quanto concerne la formazione e la stesura di procedure.  Stesura che a livello regionale c’è stata ma che ha visto in essa diversi errori tecnici, oltre che declinazione professionale, necessitando da parte nostra l’invio a Regione, Ordini Professionali ed Aziende Sanitarie di un documento di revisione scientifico delle flow charts deliberate. Dopo tale invio, ad oggi, non è seguito praticamente nessun feedback formale da parte dei destinatari, benché si vedano già apparire, in alcuni documenti procedurali aziendali, variazioni che vanno senza dubbio nel senso da noi indicato.

In questa situazione, certamente caotica, questi colleghi hanno deciso di porre delle questioni che non sono solo di tipo economico, come qualcuno vorrebbe far credere, ma che toccano invece la sfera formativa e degli strumenti operativi. Ci risulta in essere una interlocuzione con la Regione che seguiremo attentamente negli sviluppi. Si smetta però, e lo si faccia una volta per tutte, di utilizzare i giornali per screditare una intera categoria di professionisti, che da vent’anni, nel territorio della Toscana e non solo, offrono una assistenza di altissima qualità nell’area dell’emergenza urgenza territoriale. Si smetta di parlare, senza cognizione di causa, di mezzi avanzati e base, riuscendo addirittura a coniare nuovi livelli di assistenza inesistenti come il “base avanzato”.

Si smetta soprattutto, se esiste un’etica nella comunicazione, di utilizzare eventi come quello avvenuto nel primo giorno di operatività del mezzo India di Montemurlo, con l’arresto cardiaco che ha colpito un ciclista in strada, per coniare titoli allusivi come “Scatta la rivoluzione 118 e subito un malore. Va in arresto cardiaco, ma il medico non c’è”. Titolo fuorviante, non perché riporti i fatti falsamente, ma perché li riporta ad un evento, quello della “rivoluzione 118” che ad essi non è correlato. Il mezzo infermieristico era, così ci viene riportato, impegnato in altro intervento. Non vi è ragione per ritenere che, se vi fosse stato quello medicalizzato ancora operativo, questo non sarebbe stato utilizzato sul medesimo intervento, essendo entrambi mezzi di soccorso avanzato, e che quindi la risposta della centrale operativa all’evento specifico non sarebbe stata la stessa.

Informare, non dis-informare. Questo sarebbe un passo. Fondamentale per i cittadini, che avrebbero diritto di essere bene informati sul concetto di “rete del soccorso”, di “defibrillazione precoce”, e sull’importanza della conoscenza delle tecniche di rianimazione, la cui capillarizzazione non potrà mai essere sostituita dalla presenza di nessun mezzo medicalizzato o infermieristico, che mai potranno essere abbastanza efficaci, in termini di tempo, e vicini quanto il primo soccorritore debitamente formato. Quanto accaduto a Montemurlo, con le manovre effettuate dai primi soccorritori, ne è la prova.  Lavorare e rimanere concentrati in una situazione di ostilità ambientale come questa è la sfida più grande. Ma questi professionisti dovrebbero avere la tranquillità per focalizzarsi su altro.  Li hanno chiamati eroi, perché questo faceva vendere i giornali. Ora, gli eroi senza regno, sono fatti passare per incompetenti, anche un po’ venali, perché chiedono procedure operative ben scritte, che tutelino gli assistiti e loro stessi, formazione ed un corrispettivo economico degno del lavoro che svolgono per la comunità.  Qualcuno dovrebbe vergognarsi per la disinformazione, evidentemente strumentale, che sta spargendo, gratuitamente, sulla cittadinanza”.