“Giubbotti catarinfrangenti, sirene e lampeggianti, ma sulla carta invisibili”. La figura dell’autista-soccorritore è al centro della battaglia del Co.E.S. che sta cercando di ottenere riconosimento e obblighi formativi a tutela della professione. A che punto è arrivata questa missione?
Nel 2020 l’associazione dei Conducenti in Emergenza Sanitaria aveva protestato con una delegazione a Roma. Oggi, a distanza di un anno, nulla sembra cambiato nel ruolo e nella figura professionale che in Italia svolge ogni giorno servizi di fondamentali per aiutare i pazienti, insieme a tutto lo staff sanitario pre-ospedaliero.
“La nostra battaglia si combatte da troppi anni – scrive nel suo comunicato il Co.E.S. – generalmente emoziona sempre vedere le vecchie foto, a cui associamo i nostri bei ricordi e momenti passati insieme a qualcuno di speciale. Forse questa foto (quella in evidenza sull’articolo ndr) ha una caratteristica positiva, ed è proprio quella di mostrare che qualcuno non si ferma, non si accontenta e che tanti Autisti Soccorritori italiani insieme ci credono ancora nonostante la “corrente contraria”. Ma questa fotografia porta con sé tanta rabbia; la rabbia di chi per l’ennesima volta si sente truffato e amareggiato da tante parole spese, dalle energie profuse, da tante promesse fatte, tutte inesorabilmente non mantenute”.
Il Co.E.S. nella nota spiega il motivo di tale rabbia. “Abbiamo visto positivamente la “promozione” nel ruolo Socio Sanitario ottenuta recentemente dagli OSS; invece per noi, dopo tantissimi chilometri di strade percorse, i castelli sono sempre chiusi”.
“Nell’ultimo periodo la mancanza del profilo professionale ha nuovamente mietuto parecchie vittime tra chi si è visto tagliare fuori da Concorsi pubblici, il cui unico requisito per fare filtro adottato dalle aziende, come da disposizioni dell’ARAN, è quello di avere 5 anni di esperienza professionale come dipendente. Questo requisito nasce proprio in mancanza del profilo professionale, che con un attestato di formazione abiliterebbe TUTTI gli Autisti Soccorritori allo svolgimento della mansione in campo lavorativo. Le ASL a questo punto, in mancanza dei requisiti specifici, per tutelarsi, assumono Autisti che per lo meno hanno alle spalle 5 anni di esperienza lavorativa alla guida.
La stessa ARAN, in seguito alla pandemia da Covid-19, si è pronunciata aprendo al riconoscimento delle indennità di malattie infettive anche a nuove categorie che nel CCNL non sono state specificatamente riconosciute prima e di fatto l’unico escluso, salvo rare eccezioni, è risultato proprio essere l’Autista Soccorritore; pardon, l’autista di ambulanza, perché l’Autista Soccorritore ancora non esiste. C’è una figura che guida i mezzi in emergenza e collabora nei soccorsi con l’equipe sanitaria, ha la scritta sulla divisa ed esiste a bordo di ogni mezzo base o avanzato che circola in Italia, ma per lo Stato non c’è! Dopo 30 anni nelle aziende pubbliche ci chiamiamo ancora “Operatore tecnico autista di ambulanza”, terminologia e sostanza vecchia come il nostro 118, alla soglia dei 30 anni. Nonostante l’impegno costante del Co.E.S. a fianco dei sindacati nazionali da più di 25 anni, el’evidente volontà delle Regioni di assumere personale internalizzando così servizi di emergenza-urgenza, l’istituzione della figura professionale, da parte dello Stato, è ancora la, immobile. Questa coppa è in una teca che aspetta la finale, non sappiamo ancora quando potremmo giocare questa partita, ma sappiamo che noi facciamo una marcatura a uomo dall’inizio, e non abbiamo nessuna intenzione di mollare prima del raggiungimento dei nostri obiettivi, dei nostri diritti. Peraltro il raggiungimento del profilo sarà il più importante di obiettivo, ma certo solamente il primo. A volte qualcuno di esterno al mondo del soccorso ci chiede come mai non ci venga concesso questo benedetto “profilo professionale”, ma non abbiamo davvero più giustificazioni razionali da fornire, possiamo solo allargare le braccia e sospirare….pensando intensamente a chi ci ha preso in giro e trovando strade alternative per vincere la nostra causa.
Noi non molleremo mai!” conclude nella sua nota il Co.E.S.