La ricerca dell’Università di Bologna insieme ad Anpas: “gravi costi psicofisici per i volontari e le volontarie durante la pandemia”
Danni fisici, danni psicologici e danni socio-relazionali. Sono queste le conseguenze della pandemia sui soccorritori. Un danno che ANPAS ha voluto indagare a livello scientifico con la collaborazione dell’Università di Bologna e del sociologo Andrea Bassi. La pandemia ha avuto un impatto notevole sui volontari e sulle volontarie ANPAS a livello fisico, psicologico e socio-relazionale. ” Si tratta di una ricerca importante – spiega il presidente di ANPAS, Fabrizio Pregliasco – che evidenzia l’impegno dei volontari e il supporto che, come Anpas, siamo riusciti a garantire in un momento terribile”.
Uno studio su chi è stato in prima linea per fermare la pandemia
Il professore associato in Sociologia Generale all’Università di Bologna – Forlì Campus, responsabile scientifico della ricerca “Chi si cura di chi ci cura?” ha presentato i dati della ricerca, e sono impressionanti. I questionari somministrati su un campione di 2700 soccorritori ha toccato tante tematiche. Le ricadute sul personale sanitario a seguito dell’attività in prima linea appaiono evidenti e da non sottovalutare. La ricerca, in collaborazione con Anpas, non era mai stata fatta ai volontari: gli studi finora si erano concentrati sul personale infermieristico o medico, come la ricerca pubblicata da SIIET sugli effetti della pandemia nel personale pre-ospedaliero.
Abnegazione verso la comunità, e un pegno in vite umane elevatissimo
Uno dei primi dati che la ricerca sottolinea è l’aumento rilevante, durante la pandemia, della quota dei volontari che hanno prestato servizio per più di 30 ore ogni settimana per attività di soccorso. I volontari che si sono dedicati anima e corpo alla comunità è raddoppiato, con un +56% di persone che hanno garantito trasporti sociali, interventi a domicilio, servizi di ambulanza e protezione civile. Purtroppo però i contagi dei volontari e i decessi sono cresciuti. Durante lo svolgimento del servizio ha contratto il covid almeno un volontario su 10. Il 13% dei volontari è a conoscenza di colleghi deceduti. Almeno un equipaggio su quattro ha visto morire la persona soccorsa colpita da Covid-19. Il 15% dei soccorritori è stato costretto ad allontanarsi dalla famiglia perché ha svolto turni di volontariato, mettendosi anche in auto-isolamento per garantire la sicurezza dei familiari. Il 20% (un quinto del campione) ha dovuto interrompere l’attività di volontariato per paura di contagiare la famiglia, e per pressioni del datore di lavoro.
Quali sono i disturbi fisici soprattutto nella seconda ondata?
Dal punto di vista fisico e psichico i due terzi dei soccorritori intervistati hanno vissuto momenti di spossatezza, seguiti da insonnia, malessere generale, incapacità di concentrazione. Per quanto riguarda i disturbi psicologici invece, un terzo dei soccorritori ha vissuto momenti di ansia, seguiti da distacco emotivo, paura irrazionale, sensazione insofferenza, incapacità di provare emozioni positive, tendenza al pianto. Tutti effetti che tipicamente sono riscontrabili all’inizio di una sindrome PTSD.
Le difficoltà durante il servizio e il supporto di Anpas.
Tra le maggiori difficoltà per svolgere le attività i soccorritori hanno segnalato la difficoltà di fare un tampone, la mancanza di dispositivi di sicurezza, la mancanza di informazioni di trasmissione del virus, soprattutto nei primi mesi della pandemia.
Davanti a questi bisogni però il campione intervistato ha dichiarato che la Rete Anpas ha fornito tutto ciò di cui c’era necessità. Sono stati forniti tutti i dispositivi di sicurezza necessari, sono stati agevolati i volontari rispetto alla somministrazione del vaccino, e sono stati svolti con continuità incontri informativi e formativi su virus, dispositivi di sicurezza e trattamento dei malati. Il 25% del campione intervistato ha richiesto e utilizzato il supporto psicologico messo a disposizione dalla Rete Anpas.