Prendiamo spunto dalle terrificanti cronache di Puglia e Basilicata per porre un quesito che ancora oggi non vede risposte univoche: come evitare che un violentatore sessuale diventi soccorritore?

E’ possibile che una persona con problemi psicologici, con tendenze violente diventi soccorritore? Ci poniamo questa domanda dopo gli ultimi due casi emersi nella cronaca italiana. Bari e Potenza segnano il punto più basso e squalificante per l’immagine di chi dovrebbe soccorrere il prossimo in un momento di bisogno. Non è davvero possibile che su un’ambulanza salgano uomini predatori che hanno come intento quello di violentare una donna. Mai. 

La cronaca: violenza sessuale nel vano sanitario

A febbraio 2022 è stato arrestato un soccorritore di Bari, che durante la notte di Halloween ha violentato una studentessa nei pressi del Palaghiaccio di Bari. Pochi giorni fa invece è stato un autista-soccorritore in provincia di Potenza a finire agli arresti, per palpeggianti e violenza sessuale aggravata da minacce. L’uomo – 45 anni – ha aggredito sessualmente una collega infermiera di 34 anni. Dopo la violenza la condotta intimidatoria dell’uomo è continuata attraverso una chat dove la donna è stata minacciata.

Eventi rari, ma come prevenirli?

Fortunatamente queste storie sono rare. Per trovare altre azioni illegali denunciate e finite nelle cronache c’è bisogno di tornare al 2014, al 2016 e al 2018, rispettivamente per dei volontari accusati di essere in servizio ubriachi, di furto a casa dei pazienti, di furto dei medicinali, o per la bizzarra storia di un soccorritore che ha rubato un defibrillatore ed una sedia portantina per chiedere il “riscatto” ai proprietari della cooperativa che gestiva le ambulanze. Forse proprio per questo risultano ancora più gravi e importanti. Come si può prevenire fatti del genere?

Chi è responsabile del profilo psicologico del soccorritore?

Nel mondo del soccorso italiano i percorsi di selezione sono differenti da Regione a Regione, a volte anche da Provincia a Provincia. La selezione del personale infermieristico, medico, tecnico e del volontario soccorritore non hanno unicità. Banalmente, ci sono realtà dove i percorsi di formazione e selezione includono le valutazioni psico-attitudinali, e realtà nelle quali basta la buona volontà. Ad oggi, il percorso più stringente in Italia è stato definito dalla Conferenza Stato-Regioni, che nel 2005 ha previsto percorsi di selezione specifiche per medici e infermieri del servizio di elisoccorso. Inoltre tali percorsi di selezione sono previsti anche in caso di concorsi pubblici, che però vedono andare deserte tantissime chiamate al Pronto Soccorso, a cui si preferisce una più comoda e rapida chiamata “a gettone” tramite cooperative o altre società, demandando così al privato la responsabilità e la necessità di svolgere periodici controlli sulla salute psico-fisica dell’operatore di 118, sia esso sanitario o tecnico.

Un punto fermo: estendere i protocolli per entrare in elisoccorso a tutti?

Fra i riferimenti che in Italia si possono prendere quindi rimane il mondo HEMS, dove c’è un protocollo per la gestione della qualità del servizio erogato in cui non solo si prevedono competenze certificate, frequenza di corsi e idoneità psico-fisica, ma si effettua una costante e chiara valutazione psicologica personale e di gruppo usando gli elementi di valutazione del rischio. L’obiettivo di questa selezione è semplice: ottimizzare il processo di selezione e di monitoraggio del personale sanitario, pianificare e organizzare i percorsi formativi, fare si che ogni operatore sappia lavorare nel gruppo con competenze non tecniche (le famose soft skills e non Technical skills). Con una valutazione psico-attitudinale il medico, il tecnico e l’infermiere che opera nell’elisoccorso non solo avrebbe una rete di supporto in caso di problemi (come il burnout o lo stress) ma sarebbe circondato da una squadra che lo supporta nel miglioramento relazionale, gestionale, intellettuale, motivazione ed anche emozionale. Perché – diciamolo una volta per tutte – se è stupido considerare il soccorso un lavoro normale, è altrettanto stupido considerare i soccorritori degli eroi senza macchia che non temono nulla. Ma se usiamo questo percorso per selezionale la punta di diamante del personale sanitario che opera con i mezzi più costosi e più veloci, come potremmo fare per evitare situazioni come Bari e Potenza? Come si tengono fuori dal 118 i delinquenti e i criminali?

Un esempio da copiare: La scuola sanitaria per il soccorritore diplomato

Il punto di partenza è sicuramente la valutazione del casellario giudiziale e dei carichi pendenti. Chi si trova con una sentenza a suo carico sicuramente deve – prima di entrare in servizio – subire una valutazione approfondita.  La richiesta del casellario giudiziale, per esempio, è obbligatoria per iscriversi alla scuola sanitaria che forma i soccorritori diplomati in Svizzera, ed è necessaria anche quando ci si iscrive in determinate associazioni. In Italia non tutte le associazioni richiedono il certificato dei carichi pendenti. Spesso ci si affida alla semplice auto-dichiarazione. A fianco delle attestazioni di una fedina penale pulita nelle realtà svizzere c’è sempre un test psico-attitudinale. Una verifica di questo tipo, svolta periodicamente, può evidenziare situazioni importanti, e soprattutto può aiutare il soccorritore a segnalare i suoi disagi, permettendo così di inquadrarli, di definire periodi di pausa o di sospensione necessari per tutelare sia il soccorritore che gli eventuali pazienti. In Svizzera, infine, per procedere alla selezione come Soccorritore diplomato è necessario dimostrare anche una competenza linguistica di base (con una prova scritta) ed effettuare un colloquio privato con i docenti e poi con uno psicologo. Lì si valuta la motivazione personale, che può essere un discrimine per spingere una persona verso una direzione o un’altra. Anche perché affrontare 5.400 ore di formazione fra teoria e pratica e poi scoprire che l’emergenza in ambulanza non fa per te sarebbe davvero un grande spreco di risorse. Ogni anno, per prevenire qualsiasi problema, il soccorritore viene sottoposto ad un test psico-attitudinale per garantire che sia adeguato a operare in ambulanza.

La selezione del volontariato e del soccorritore semplice dipendente

Bisogna ricordare che ad oggi è davvero minimale il numero di soccorritori che – una volta effettuata la formazione BLSD e di primo soccorso necessaria per salire su un’ambulanza del 118 – alla fine effettua servizio continuativamente. Questa mancanza di personale spesso ha spinto il 118 a rivolgersi alle cooperative. In queste situazioni il processo di selezione è invece ancora molto fumoso, con annunci di lavoro estremamente stringati in cui viene richiesta spesso la sola patente l’attestato BLSD per poter fare servizio in ambulanza. Quali tutele sono previste per questi soccorritori? Quale supporto psicologico in caso di maxi-emergenza o di over-stress? In molte Regioni tutto ciò è lasciato al caso. E non ne guadagna di certo il paziente che viene soccorso, e neppure il sistema 118. Perché ogni reato che il singolo soccorritore commette, macchia in maniera indelebile la percezione del sistema sanitario che hanno i cittadini di quella realtà.