Valorizzare la salute significa usare al meglio le risorse della sanità: ecco perché secondo il direttore generale della ASL Romagna Tiziano Carradori, sono gli infermieri il personale più indicato da mettere in ambulanza.
Mercoledì sera durante il Consiglio Comunale del Comune di Rimini è intervenuto il direttore generale della ASL Romagna, il dottor Tiziano Carradori. Che con impeto e passione non le ha mandate a dire: vi consigliamo una rilettura dell’intervento e la visione del video, sia per sperare in un futuro migliore per la sanità, basato sulle straordinarie competenze che abbiamo già a nostra disposizione fra medici e infermieri, ma che non mettiamo mai a frutto.
I problemi della sanità sono enormi e non si possono nascondere. A pochi mesi dalla fine della pandemia da COVID-19 le strutture sono fuori controllo, e dopo la fuga dei medici dai servizi di emergenza-urgenza e dai Pronto Soccorso, sta arrivando il turno della partenza degli infermieri, che boccheggiando fra un turno massacrante e l’altro iniziano a intravedere nel privato un mondo vivibile, se non direttamente nella fuga verso l’estero.
Una persona che ha davanti agli occhi i numeri di questa situazione è certamente il direttore generale dell’ASL Romagna Tiziano Carradori. Il medico – ormai prossimo alla pensione e con una lunghissima esperienza nelle ASL di Ferrara, Bologna, Ravenna e Rimini – ha portato la sua esperienza e il suo pensiero nel consiglio comunale monotematico che la città romagnola ha dedicato al tema sanitario. E le sue parole sono un punto di riflessione davvero importante, per tutti gli attori che concorrono alla realizzazione di un sistema sanitario che garantisce la salute dei cittadini.
Il mondo è cambiato, non il modo di pensare la sanità
“Prima di dirvi come lavoriamo a integrazione dei servizi sanitari – ha iniziato Carradori – io posso darvi testimonianza di quello che è il cambiamento di questa sanità, in questo territorio. Io penso che la collettività di questo territorio debba essere orgogliosa della sanità di questo territorio. Il dato che lo certifica è uno: fatto 100 le persone che hanno bisogno di assistenza, la Romagna e Rimini (che sono limitrofi alle Marche) hanno il minore efflusso di persone che vanno in altre Regioni e in altre provincie a farsi curare. 93 persone su 100 si fermano in Romagna per le prestazioni sanitarie di cui hanno bisogno. 4 vanno fuori Regione, verso le Marche. E sappiamo che non è mobilità per qualità, ma per distanza”.
Parliamo di salute, non di sanità: perché è alla base della libertà dei cittadini

Tiziano Carradori durante l’intervento a Rimini
“Chi ricorda il vecchio corpo dell’ospedale – ha continuato Carradori – non può non vedere quanto di importante sia stato realizzato in sanità. Basta? Assolutamente no. Una delle cose che non manca è lavorare per la salute – e non la sanità – dato che la salute è una delle condizioni per l’esercizio della libertà. Se uno non è in salute non può esercitare completamente tutte le sue libertà. Ecco perché oggi vi racconterò la parte mezza vuota del bicchiere, nonostante sia orgoglioso di quello che è stato fatto. Siamo insieme a Lombardia, Veneto e Toscana ai vertici della sanità italiana. Detto questo non posso non vedere la parte mezza vuota del bicchiere. Nonostante apparteniamo ad una Regione con un sistema avanzata c’è una parte iniqua, ancora ad oggi. Non si può non vedere: c’è un bicchiere mezzo vuoto quando non siamo in grado di dare accesso a delle prestazioni in tempi opportuni. C’è un bicchiere mezzo vuoto quando il cittadino portatore di un bisogno è costretto a fare la spola fra un medico e un altro, invece di essere “preso in carico” come diciamo noi. Abbiamo una serie di problematiche rispetto alla qualità che la “cultura” di questa Regione vuole risolvere. Io quando sono immigrato qui, è successo perché la sanità e il welfare erano lo specchio della società emiliano-romagnola. E non venivo da lontano, ma sono stato affascinato dal pragmatismo di questa comunità”.
“Sono stanco di raccontare le stesse cose”
Il discorso di Carradori continua con una nota amara, che non si può ignorare: “Il mio direttore mi ha già sentito dire a un convegno “sono stanco di raccontare le stesse cose”. Se diciamo le stesse cose e viviamo del malessere nel realizzarle, è forse il caso che tutti – a partire da noi professionisti – cominciamo a riflettere. Non è pensabile che quando organizziamo i servizi con centralità della persona, poi discutiamo delle attenzioni verso coloro che la persona la devono servire. Non è la stessa cosa. Parliamo di centralità del medico o di un’altra professione, ma invece dovremmo essere noi al servizio del paziente”. Carradori si è poi concentrato su un problema di visione, cambiata drasticamente con il passare del tempo: “Noi siamo il paese d’Europa dove c’è la più alta percentuale di giovani che non lavorano e non studiano. Questo ha a che vedere con la salute della popolazione del futuro. Oggi dobbiamo sapere che le prestazioni non sono più quelle degli anni ’80. Oggi abbiamo le tecnologie perché le prestazioni si possano erogare senza necessariamente tutti gli attori nello stesso punto. Si possono fare ecografie in una zona remota del territorio e far leggere le immagini nell’ospedale centrale, e lo stesso avviene per ECG e per altre prestazioni”. Un approccio che non ignora i cambiamenti della società e della tecnologia, non può quindi continuare a chiedere un’organizzazione territoriale da anni ’80?
“Se mancano i medici è colpa nostra”
Il discorso di Carradori diventa poi estremamente condivisibile proprio sulla carenza dei medici e su ciò che impedisce di fatto la ottimizzazione delle risorse: “Mancano i medici? Cari signori è colpa nostra. Non è pensabile che qualcuno si sottragga alla responsabilità del fatto che abbiamo deciso di programmare il numero degli accessi alle professioni sanitarie non in base agli effettivi bisogni da servire, ma in base ai quattrini che volevamo spendere. Adesso le stiamo pagando tutte: non avevamo bisogno della sfera di cristallo per sapere che noi a 67 anni saremmo andati in pensione. E abbiamo continuato a formare della gente riducendo il numero programmato. Abbiamo avuto delle responsabilità di natura corporativa. Meno medici ci sono, più è grande il potere dei medici rimasti. Una cultura diversa dalla mia dice che la consapevolezza della colpa è l’inizio della salvezza. Io ho dato contratti di lavoro a colleghi che hanno l’abilitazione ma che si specializzeranno nel 2024. Ho dato contratti a colleghi che non sono ancora pronti, ma lo saranno. Mi preparo, e nel frattempo chiedo: Per quale ragione in questo sistema misto, allargato, io pubblico non posso assumere a tempo indeterminato un laureato in medicina abilitato all’esercizio della prestazione, e una clinica privata abilitata all’esecuzione di quella prestazione che però io pago, lo può fare? E a questo punto: Se i medici sono una merce rara, quando non hanno valore aggiunto perché dobbiamo usarli?
Valorizzare gli infermieri per le loro competenze, non per il loro ruolo
Il discorso del direttore generale della ASL Romagna a questo punto si allarga sugli altri professionisti della salute che giocano un ruolo importante nel sistema sanitario: gli infermieri. “I colleghi del Pronto Soccorso sanno di cosa parlo. Un medico su una ambulanza nel territorio non ha valore aggiunto rispetto ad un infermiere formato nelle funzioni di supporto vitale. Io lo so perché sono un sopravvissuto. Quando ho avuto un infarto, in un altro paese, io non ho visto un medico venire a salvarmi. Ho visto degli infermieri egregiamente preparati a fare le proprie funzioni. E io ho infermieri che sono in grado di farle queste cose, sono estremamente preparati. La nostra attenzione deve essere focalizzata qui, perché l’Italia dal punto di vista dei professionisti non ha nulla da invidiare a Olanda, Svizzera, Regno Unito, Francia… Lo sapete che noi spendiamo 1.500 euro in meno rispetto a quei paesi lì, per ogni cittadino?
Valorizzare i fondi, senza giocare alla riduzione dei fondi
L’intervento di Carradori ha scatenato più di un applauso in sala, e si è concluso con una presa di responsabilità comune: “Io nel mio ruolo devo cercare di non sperperare i quattrini che mi dona la collettività. Ma voi – che detenete la responsabilità politica di assegnare quei fondi -avete il compito di rendere disponibili i soldi per dare i servizi che le persone necessitano. E oggi non ci siamo: il sotto-finanziamento determinerà in modo strisciante quello che altri hanno già segnalato. L’uscita verso sistemi alternativi. Sistemi dove quelli che prendono il mio stipendio si possono permettere la salute, ma quelli che appartengono alla mia classe sociale di origine non possono. Ricordatelo: noi concorriamo alla salute dei cittadini, ma non crediate che l’aspettativa di vita si allunghi perché c’è il robot: serve lo sviluppo economico, la cultura, la socialità. Fino a quando avrò l’onore e l’onere di rappresentare l’azienda ASL Romagna, con 17.000 dipendenti, che ha prodotto con tutti i limiti i servizi che conoscete, continueremo imperterriti a non nascondere i problemi sotto lo zerbino. E ci faremo carico di risolverli nel migliore dei modi.