Sarà un medico – professore di medicina nucleare – il nuovo ministro della salute italiano. Davanti a sé, come prima emergenza, ha sicuramente la complessa situazione dei Pronto Soccorso italiani e del sistema di emergenza 118 che sul territorio sta vivendo una crisi epocale.

Il professore Orazio Schillaci è il nuovo Ministro della Salute del Governo italiano, guidato dalla premier Giorgia Meloni. 56 anni, romano, è stato dal 2013 preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Tor Vergata ed ha lavorato spesso a fianco del presidente dell’ISS Silvio Brusaferro, ed è stato nominato nel CTS del ministero da Roberto Speranza. Un segnale di continuità e sicuramente di forte competenza che non è stato lanciato a caso, ed è stato raccolto con fervore dalle società scientifiche italiane.

Il mondo del 118 e dell’emergenza ospedaliera – che oggi vive una situazione catastrofica nei Pronto Soccorso Italiani – ha preso con ottimismo questa nomina basata sulla competenza e sulla conoscenza del settore sanitario. La SIMEU ha pubblicato una lettera di benvenuto rivolta al nuovo ministro della Salute, auspicando “uno sviluppo costruttivo del dialogo instaurato con le istituzioni”. Nel “caloroso” benvenuto della società che rappresenta i medici di emergenza c’è subito una richiesta di attenzione elevata: “Sappiamo bene che il lavoro che lo attende è quanto mai gravoso: rispondere alle emergenze attuali del Paese e in particolare soccorrere al più presto un SSN che attraversa difficolta sempre più gravi richiederà un impegno straordinario e delle scelte cruciali e anche coraggiose”.

Oggi – fra le decine di situazioni critiche legate alla carenza dei medici in Pronto Soccorso e nelle automediche – il segnale che viene mandato è un segnale di impegno, resistenza e passione nell’affrontare le difficoltà. Davanti ad una colonna del servizio pubblico che si sgretola è necessario rafforzare la difesa dei diritti dei pazienti: “I professionisti dell’Emergenza Urgenza sono pronti a contribuire attivamente con le proprie competenze e proposte, nell’affiancare il Ministro nel suo lavoro, nello spirito di massima collaborazione e di ricerca condivisa di soluzioni – a breve e a lungo termine – che da sempre caratterizza l’azione della nostra società scientifica”.  “Il Prof. Schillaci sappia di poter contare su di noi – conclude nella sua nota la SIMEU – cosi come continuano a fare ogni giorno i Cittadini rivolgendosi alle nostre unità con richieste di aiuto, nonostante le enormi e ben note difficoltà del settore e del sistema tutto”.

Tanti pareri positivi, molti problemi da affrontare

Dalle prime posizioni emerse – da Fnomceo a FIMMG, passendo per decine di società scientifiche che rappresentano tutto l’arco operativo del mondo sanitario – il parere sulla scelta del governo Meloni è più che positivo: Schillaci è visto come un “tecnico puro”. Dopo i ringraziamenti di rito al Presidente della Repubblica Mattarella e alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni per la fiducia, Schillaci è stato chiaro: “Mi impegnerò con tutte le mie energie e spero che l’esperienza maturata sul campo come medico e come docente possa essere utile per dare risposte concrete per la tutela della salute e il benessere delle persone”.

Il nodo formativo al primo posto: come far crescere le motivazioni nei medici e farli andare in corsia?

Se per Filippo Anelli, presidente della FNOMCEO avere un tecnico è un punto essenziale e “i medici sono fieri che il nuovo ministro della Salute sia un collega”, il presidente della FIASO Giovanni Migliore si focalizza sull’importanza degli investimenti nel personale, per garantire un futuro al Servizio Sanitario Nazionale. Ma le posizioni sono molte e tutte con un obiettivo unico: muovere lo sguardo del ministro verso quell’imbuto che può creare problemi fra università e ospedali. Già solo nel Pronto Soccorso, migliorare il flusso di passaggio degli studenti – giovani medici che si specializzano – verso i reparti cambierebbe l’umore della categoria. In quei luoghi dove è necessario essere per migliorare la propria formazione e per non perdere il treno dell’esperienza (che i medici più anziani stanno irrimediabilmente facendo correre via andando in pensione) è necessario per ridurre la pressione dei turni, dello stress e per dare motivazioni più forti per continuare a tenere in piedi il sistema. Se infatti anche garantendo più di 1.000 euro di gettone a turno non si riescono a trovare medici che affrontano le forche caudine del Pronto Soccorso (se non rivolgendosi a Cuba), dovrebbe apparire evidente che il problema non sono i soldi, ma vanno ricercate in altri ambiti. Quali, lo dovrà scegliere il nuovo corso politico. Che speriamo davvero possa trovare la sterzata giusta per rimettere i Pronto Soccorso e la sanità pre-ospedaliera sulla giusta strada.