E’ esplosa la polemica sulla prassi della Regione Emilia-Romagna di usare i medici di emergenza territoriale anche come responsabili di Guardia Medica, con il rischio di lasciare i pazienti bianchi e verdi in attesa per ore in caso di chiamata su codice rosso. Ecco cosa stava succedendo e quali problemi sollevano FMMI e SNAMI
Sono state sospese le relazioni sindacali fra i sindacati dei medici FMMI e SNAMI, e la Regione Emilia-Romagna. La battaglia che coinvolge i medici del 118 e dei Pronto Soccorso e l’amministrazione è legata al “doppio lavoro” dei professionisti che operano nel 118 territoriale. La Regione infatti richiede a chi opera in automedica – soprattutto in aree remote – di fare guardia medica e trattare anche i codici bianchi negli ambulatori locali.
MET sia in guardia medica che in ambulanza? Come funziona la proposta Baldino?
Tutto nasce dal provvedimento interpretativo firmato dal Direttore Generale dell’Assessorato alla salute della regione Luca Baldino. La pratica, già attiva in passato nei nosocomi minori come Borgotaro, prevede che il medico di emergenza 118 (che lavora in ambulanza e in automedica) sia disponibile rispetto ai casi che si presentano nell’ambulatorio di guardia medica dove staziona in attesa di chiamata. I codici bianchi dovrebbero essere trattati ma, in caso di chiamata dalla Centrale Operativa, l’automedica dovrebbe interrompere il trattamento del codice bianco e correre sul paziente più critico.
Se l’ambulatorio per viene lasciato per una chiamata, cosa succede?
L’apertura degli ambulatori per i codici bianchi è un problema piuttosto grande dal punto di vista della copertura delle necessità territoriali, vista la scarsissima disponibilità di medici. Se la Regione si dice “pronta a discutere al tavolo delle relazioni sindacali” di questo problema, meno morbida è la posizione dei rappresentanti di categoria. Il punto che più crea allarme nei medici è semplice: nei nuovi ambulatori i pazienti che si presentano al Pronto Soccorso sarebbero “ragionevolmente attribuiti” ai MET o ai MEU che operano in automedica. Se poi i professionisti dovessero ricevere una chiamata dal 118 che predispone una partenza immediata per qualsiasi codice (dall’arresto cardiaco all’incidente stradale) deve essere “prevista una modalità che garantisca la modalità assistenziale”. Secondo i sindacati, in parole povere, il paziente dovrebbe passare ad un altro medico presente in struttura. Se e quando possibile. In alternativa – soprattutto nei centri minori, come fare tutto ciò è ancora da capire e definire.
Doppia mansione contemporanea: cosa significa?
Il sindacato lamenta che l’interpretazione della Regione Emilia-Romagna sia “unilaterale” e si tratti “dell’ennesimo provvedimento in aperto e macroscopico contrasto con quanto sottoscritto nell’intesa relativa all’emergenza sanitaria territoriale”. I due sindacati non intendono partecipare ad alcun incontro fino a quando il documento non sarà ritirato. La riforma degli ambulatori per i codici bianchi è quindi messa in congelatore, perché “non è possibile istituire il doppio lavoro contemporaneo” per i medici del 118 chiamati a dar manforte in Pronto Soccorso. “Per 10 anni – accusa Pieralli – le aziende sanitarie hanno fatto le nozze coi fichi secchi, facendo quello che pareva loro. Ora abbiamo detto che questa cosa non si può più fare. Un medico in presidio 118 non può essere contemporaneamente anche in Pronto soccorso, soprattutto se si parla di due luoghi diversi e distanti”.
FIMMG e SNAMI chiedono che le interpretazioni si avvicinino a quanto pattuito in passato, ovvero:
- Scelta della dipendenza dei medici 118 dai PS piuttosto che dalle centrali operative come prevede il DPR;
- Espresso divieto delle doppie funzioni contemporanee di medico del 118 e di medico del PS, riconducendo le collaborazioni a quanto previsto nell’ambito dell’articolo 65 comma 2 della letta A dell’Accordo Collettivo Nazionale, e non oltre;
Dall’altro lato il direttore generale Baldino ha ribadito al quotidiano La Repubblica che “l’accordo condiviso deve diventare operativo proprio per dare una risposta alle criticità che riscontriamo nel settore dell’emergenza urgenza”. Davanti a tutto ciò risulta comunque evidente il buco di operatività che graverebbe sul 118 in una situazione oppure sul Pronto Soccorso nell’altra. La questione di sicurezza può essere risolta con un sistema che organizzi al meglio le responsabilità e i compiti, garantendo che il mezzo in partenza per chiamata del 118 sia effettivamente in strada nei tempi più rapidi possibili, senza togliere secondi preziosi agli interventi critici e salva-vita. Senza contare che – come denuncia Pieralli – c’è un vulnus legato al costo di questo doppio servizio, che sarebbe come sempre calcolato in base “alle tariffe più basse”. Un rischio di sfruttamento delle competenze che secondo SNAMI porterebbe “i medici d’emergenza a fuggire un’altra volta verso i privati”.