La contestatissima applicazione della legge (nata nel 2011) da parte del governo Draghi rischia di creare un vuoto di forniture sul 2023. Cosa significa payback e perché cittadini e soccorritori dovrebbero preoccuparsi?
Si chiama payback, ed è letteralmente una mannaia sulle aziende che producono dispositivi medicali, calata delle pubbliche amministrazioni regionali sui loro fornitori. Questa legge prevede che le aziende restituiscano alle ASL il 40% degli importi già ricevuti a causa di previsioni di spesa errate da parte dei sistemi sanitari Regionali. 2,6 miliardi fra il 2015 e il 2019, ma se venisse incluso anche il periodo covid-19 la spesa potrebbe impennarsi.
“Ridammi il 40% dei soldi che ti ho pagato per la merce venduta 7 anni fa”
Sono iniziate ad arrivare in questi giorni alle aziende del settore le richieste di pagamento che rispettano la legge “payback”. L’inizio del procedimento è causato dal Governo Draghi, ma i genitori di questa legge sono il Governo Berlusconi del 2011 e quello di Matteo Renzi del 2015. Si tratta, molto semplicemente, di un provvedimento che costringe le aziende a ridare il 40% degli importi ricevuti per dispositivi medici venduti alla pubblica amministrazione, solo se quest’ultima ha sforato i budget previsti. “Se una ASL – ci spiega una fonte ospedaliera – ha sforato il budget per gli acquisti dei dispositivi, a rimetterci sono le aziende produttrici. In molti casi non si tratta di produttori, ma di meri importatori”.
Dai defibrillatori ai collari cervicali: cosa succederà se le aziende chiudono?
In soldoni: La ASL poteva spendere 1 milione di euro in dispositivi medicali nel 2015? Se ha speso 1 milione e 100 mila euro può richiedere alle aziende che hanno fornito i prodotti il 40% come “payback”. Le forniture che sono interessate da questa mannaia sono parecchie: valvole cardiache, protesi, stent, barelle e sistemi di immobilizzazione, camici, disinfettanti, dispositivi salvavita come i defibrillatori, kit di intubazione, ventilatori polmonari. Per il 2015 parliamo di cifre relativamente piccole: 70 milioni in Toscana, 45 in veneto, 50 in Puglia. Ma quando si arriverà al 2020?
A rischio il 95% dei fornitori ospedalieri
Ad alcune aziende sono arrivate richieste di pagamento da migliaia di euro, ad altre vere e proprie tagliole da milioni di euro. Secondo la FIFO (federazione italiana fornitori in sanità) chiuderanno interi comparti produttivi e di importazione. Parliamo di un tessuto che coinvolge oltre 100 mila lavoratori. Mentre le previsioni di questa legge – scritta dal governo Berlusconi nel 2011, e modificata dal Governo Renzi nel 2015 – indicavano come limite di spesa massima per ogni Regione il 4,4% del fondo sanitario nazionale, la realtà ha visto sforamenti superiori al 18%. Ma i conti peggiori sono ancora da fare.
Sforamenti totali oltre i 6 miliardi di euro
La norma, per come è studiata, prevede che la quota di rimborsi aumenti di anno in anno. Dal 2018 in avanti, chi ha vinto appalti pubblici deve restituire almeno il 50% di quanto incassato nell’aggiudicarsi un bando. E’ come se un’azienda – che importa un prodotto pagandolo 100 euro – dopo averlo venduto a 130 alla Pubblica Amministrazione, debba restituire 60 euro di payback cinque anni dopo la vendita. Senza che la norma fosse inserita nel contratto. Senza che ci sia una ragione precisa che debba far gravare il costo sul privato che ha partecipato al bando.
Da quando la responsabilità della spesa pubblica è del fornitore privato?
Diverse aziende hanno iniziato a inviare ricorsi al TAR, di fronte al diniego del Governo di modificare questa legge. Al momento il tribunale amministrativo si deve ancora pronunciare, e ci sono Regioni che hanno deciso di fermare la riscossione, mentre altre si stanno affannando per ottenere il dovuto entro il 31/12. In ballo c’è il commissariamento dell’ente da parte dello Stato. Se i piani di rientro non vengono rispettati infatti, interverrà direttamente lo Stato che cercherà di rimettere in equilibrio i conti. Farlo però con il payback appare decisamente una strada ostica: da quando infatti, la responsabilità di una scelta di spesa dell’ente pubblico deve ricadere sul fornitore privato? E’ un po’ come se tornassi dal fornaio dopo 4 giorni e gli dicessi che mi deve ridare i soldi del pane, perché il mio bilancio familiare quel giorno non mi permetteva di mangiarlo. Dove sta la responsabilità del procedimento amministrativo?
Domani toccherà al cittadino troppo malato?
Viene una riflessione, amara e polemica, su questo payback. Se oggi l’errore della pubblica amministrazione che non è riuscita a rispettare i suoi budget ricade sul fornitore privato, domani – quando il fornitore ricaricherà i suoi bandi con il 40% che potrebbe essergli potenzialmente richiesto indietro – su chi graverà il costo di un’assistenza sanitaria degna, adeguata e universale? La possibilità che arrivi una mazzata sulle tasche dei cittadini è estremamente alta. L’importante, in questo caso bisogna dirlo, sembra essere non disturbare Pantalone: che non vuole più pagare per errori di calcolo senza coperture.
Un amministratore pubblico che nel 2015 scriveva i budget della Sanità