“Pronto Soccorso rischia la chiusura perché mancano i medici”.
“Turni scoperti perché non c’è il personale”.
Sono solo alcuni dei titoli allarmanti degli ultimi giorni. La situazione è critica e una delle soluzioni adottate dalle Regioni e delle Aziende Sanitarie è l’introduzione del “medico a gettone”. Ne parliamo da tempo, ma la video intervista, pubblicata su Fan Page pochi giorni dopo il caso dei NAS nei Pronto Soccorso, ha fatto gridare allo scandalo.
Dove sono le radici di un problema enorme per il 118 e i Pronto Soccorso?
Ma c’è chi racconta un’altra versione della storia, accendendo i riflettori su un altro “scandalo”, su una delle ragioni che spinge i medici dell’Emergenza del settore pubblico a lasciare e portare la propria professionalità nel settore privato. Riccardo Ristori, medico di Emergenza Urgenza, una vita tra Pronto Soccorso e 118, denuncia ancora una volta l’anomalia dei medici a convenzione. “Le Regioni di tutta Italia da molto tempo offrono un contratto a convenzione per i medici del 118 (prima a tempo determinato, poi indeterminato). Molti di questi, come il gruppo di cui faccio parte io, lavorano da quasi 20 anni anche al Pronto Soccorso”.
I danni di un sistema dove il medico è precarizzato
Ma facciamo un passo indietro: per acquisire il titolo di medico del 118, la Regione Toscana ancora oggi propone un corso di 482 ore: 198 destinate ad incontri didattici, teorici e pratici, e 284 ad attività professionalizzanti e formazione on the job. “I medici del 118 a convenzione costano all’Azienda meno della metà rispetto ai medici dipendenti, hanno gli stessi doveri ma non gli stessi diritti. Non hanno possibilità di carriera, non spettano loro malattia, né maternità o infortunio. Non hanno ferie né tutela legale. Chiuderanno il contratto senza liquidazione e non andranno in pensione come i colleghi dipendenti, ma con la cassa ENPAM a circa 500 euro al mese”. “Nonostante le richieste avanzate negli anni, un’estate abbiamo perfino minacciato di andarcene in blocco, nessuno ci ha mai neanche promesso nulla, neanche durante le campagne elettorali, quando le promesse si sa vengono elargite come caramelle”.
Perché dovrebbe essere il sintomo, ovvero le cooperative, il problema?
A distanza di qualche anno da quella protesta la metà dei medici con contratto a convenzione ha lasciato e si è dedicato alla sanità privata, dove ha trovato maggiore riconoscimento economico e non solo, un’organizzazione di vita migliore e minore stress. “Oggi che abbiamo la possibilità di essere pagati quasi quanto un medico dipendente del SSN, (sempre non avendo gli stessi diritti), entrando a far parte delle cooperative, ci dobbiamo sentire pietra di scandalo? – si chiede Ristori -. Questa anomalia contrattuale non l’abbiamo creata noi e crearne altre non risolverà il problema. In un momento in cui l’emergenza urgenza sembra non affascinare più nessuno, in cui i numeri parlano di un deficit di oltre 4mila medici, le istituzioni hanno scelto di lasciar andare via chi ha mandato avanti il sistema fino ad adesso, senza peraltro offrire una soluzione ad ampio spettro e strutturale per il vero problema dei Pronto Soccorso. No, non siamo noi lo scandalo”.
Un dibattito aperto, che non deve toccare la pelle dei cittadini
Oggi, giustamente, i medici dell’emergenza territoriale, i cosiddetti MET, si stanno rivoltando contro il dito puntato verso di loro. Se i NAS hanno effettuato i controlli nelle cooperative infatti non è certo per la mancanza di professionalità di chi ha titoli riconosciuti, ma per un sistema che – arrivato all’implosione – non può che accettare in Pronto Soccorso qualsiasi medico o infermiere che si propone o viene proposto. Anche se questi non hanno titoli, o non potrebbero lavorare in PS come pare abbiano accertato in NAS in alcune situazioni verificatesi in Lazio e in altre Regioni italiane. Il punto dovrebbe rimanere un altro. Se da domani togliamo i gettonisti dal 118 e dal Pronto Soccorso, i reparti chiudono. Quale soluzione si può prendere, rapidamente, perché il sistema non collassi determinando l’abbandono totale dei servizi di assisenza di base verso i cittadini?