Se un uomo che cerca di uccidere dei soccorritori non fa più notizia, quanto potranno resistere ad un ambiente di lavoro stressante i soccorritori?
Sta passando sotto traccia il fatto di cronaca avvenuto ieri notte in provincia di Reggio Emilia. Un uomo di circa trent’anni – di nazionalità straniera – è stato soccorso dopo una lite in strada vicino a Guastalla, dai soccorritori della Croce Rossa locale. L’uomo, che è arrivato in Pronto Soccorso scortato anche da un’auto della Polizia Locale, quando si è reso conto che doveva essere ricoverato, ha fatto esplodere tutta la sua rabbia contro gli operatori sanitari e di soccorso. Li ha rincorsi cercando di aggredirli. E quando si è reso conto che non sarebbe riuscito a fare del male a nessuno – secondo le ricostruzioni dei Carabinieri presenti sui giornali di cronaca locale – si è sfogato distruggendo i locali del punto di emergenza e sfondando il parabrezza dell’ambulanza che lo ha salvato.
Nessun ferito, nessun morto. Ma si può ridursi così?
Era circa l’una di notte e fortunatamente in PS non c’erano altri cittadini in attesa. Ma non si può sperare che un uomo con in mano un plinto di calcestruzzo sia più lento dei soccorritori che cercano riparo in uno stanzino del Pronto Soccorso, come è accaduto anche secondo le ricostruzioni ufficiali. Le valutazioni ancora in corso rispetto ai danni causati si aggirano sugli 80.000 euro per il Pronto Soccorso, mentre l’ambulanza (un Volkswagen Crafter di ultima generazione) potrebbe non essere più utilizzabile, per un danno superiore ai 100.000 euro.
La violenza sui soccorritori non è grave: è intollerabile
Solo l’intervento delle Forze dell’Ordine ha permesso di bloccare l’aggressore, che adesso è in stato di fermo in attesa di processo. L’esito di questo fatto è molteplice: un Pronto Soccorso chiuso per ore in attesa delle riprarazioni, un territorio senza assistenza in ambulanza per il fermo del mezzo, e una quantità di stress psicologico enorme a carico dei lavoratori e dei volontari. Le strutture fisiche del Pronto Soccorso funzionano regolarmente, ma i suoi dipendenti? L’ASL locale sta già mettendo in campo il reparto di psicologia per dare supporto alla metabolizzazione e al “defusing” rispetto a questo evento. Ma l’ennesima violenza non è più tollerabile.
L’episodio più eclatante, ma non sarà l’ultimo
“L’ennesima. La più violenta degli ultimi mesi. Ma non una novità e temiamo che non sarà nemmeno l’ultimo episodio”. Questo il commento a caldo della Cisl all’indomani dell’aggressione che ha devastato il pronto soccorso di Guastalla. “Come prima cosa è doveroso esprimere solidarietà ai colleghi che questa notte, ma come tutti i giorni dell’anno, erano in servizio per dare una risposta alla cittadinanza. In seconda battuta occorre pensare agli interventi concreti” afferma Gennaro Ferrara, segretario generale aggiunto della Cisl Funzione Pubblica Emilia Centrale.
“Già da mesi i dirigenti sindacali che seguono la sanità pubblica – prosegue il segretario -, insieme alle altre organizzazioni sindacali, hanno posto alla direzione il tema delle aggressioni, chiedendo collaborazione per la costruzione di una campagna di comunicazione rivolta a tutti coloro che accedono alle strutture sanitarie per ricordare che il personale dell’Ausl è lì per curare e non per essere aggredito. Oggi parliamo di un’aggressione che ha messo a repentaglio l’incolumità stessa degli operatori, quando invece l’ospedale dovrebbe essere un luogo sicuro. La più grave da tanti mesi a questa parte. Ma le aggressioni per chi lavora in Ausl sono continue. Sono aggressioni anche le offese gratuite, gli insulti, gli arredi devastati. E questo accade ormai in tutti i servizi aziendali a contatto con il pubblico. A partire dai punti di pronto soccorso del capoluogo e della provincia per finire a tutti i servizi amministrativi. Senza dimenticare ovviamente le degenze dei presidi ospedalieri e territoriali. Occorre prendersi cura di chi ci cura”.
Priorità: formazione e supporto
Oggi è fondamentale dare ai soccorritori e ai sanitari gli strumenti per riconoscere le situazioni critiche. Una necessità che è diversa rispetto a quelle di individuazione dei pericoli che oggi mettono in campo le forze dell’ordine, ed è diversa rispetto all’indagine psicologica che viene fatta nelle strutture psichiatriche. Servono strumenti immediati, legati anche alle problematiche di assuefazione che molti pazienti dimostrano durante gli interventi. Ne parleremo a settembre in un webinar di Rescue Press. Per adesso possiamo solo dimostrare solidarietà ai feriti e ai traumatizzati che domani torneranno in corsia o sull’ambulanza, con un peso in più da gestire sull’animo.