Cosa è successo e perché si è passati all’indagine delle forze dell’ordine nel 118 di Bologna? Andiamo a fondo sulla necessità di analisi e valutazione per l’accesso a luoghi sensibili del SSN.
BOLOGNA – La Procura della Repubblica di Bologna sta indagando sui malori accusati dagli operatori del 118 del capoluogo emiliano. Nei giorni scorsi alcuni operatori della centrale operativa sono stati colpiti da cefalea, vertigini, crampi allo stomaco e – in due casi – sono stati costretti al ricovero ospedaliero. Dopo una serie di accertamenti interni non si esclude che gli avvelenamenti possano essere opera dolosa. Ci potrebbe essere una persona che ha accesso alla Centrale Operativa del 118 Emilia Est, e che deliberatamente contamini con un farmaco – l’Entumin – i colleghi, causando gli svenimenti e i malori al centro dell’indagine.
Una centrale innovativa, da trent’anni al vertice del 118
All’interno del mondo sanitario la Centrale Operativa di Bologna, detta anche Emilia Est, è un fiore all’occhiello della sanità. A Bologna – più di quarant’anni fa – sono nati i primi esperimenti di centrale unica. Oggi la palazzina che ospita gli operatori di centrale e che fa da riferimento anche per il decollo dell’elisoccorso è una moderna struttura a due piani. Lì si entra solo con il badge di riconoscimento. E’ quindi davvero assurdo pensare che una persona possa aver avvelenato i colleghi, rischiando di farsi rintracciare a causa dei controlli previsti per mantenere alta la sicurezza del luogo, che rappresenta un centro nevralgico della sanità locale.
Le indagini in corso e la posizione dell’AUSL di Bologna
Dopo un primo tentativo di isolare il problema, l’AUSL di Bologna ha deciso di inviare tutte le carte corredate da un esposto alla Procura di Bologna. L’atto è seguito da una continua verifica della situazione, che viene controllata a livello di videosorveglianza da tempo. “Non mi sento di dire che si tratti di avvelenamenti – ha dichiarato il direttore generale dell’AUSL Paolo Bordon – ma abbiamo fatto un esposto perché i dati ambientali erano tutti corretti e negativi”.
La valutazione psico-attitudinale: può essere uno strumento di prevenzione?
La notizia – di per sé aberrante e illogica – non può essere collegata ad una mancanza di chi seleziona il personale adibito al 118. Ma una riflessione si può fare: oggi gli strumenti di valutazione del personale che opera nel 118 sono sempre più importanti. Risulterebbe comunque impossibile individuare un profilo criminale ma – scollegandoci dal tema di cronaca nera al centro delle chiacchiere a Bologna – potrebbero di certo aiutare a capire meglio aspetti, stress e necessità del personale sanitario e tecnico impegnato in un’attività molto, molto stressante.
Idoneità a lavorare sotto stress, ma non solo
Oggi infatti sia il personale infermieristico che quello medico devono essere in possesso di un certificato di idoneità psico-fisica rilasciato dalla propria AUSL. Ma soprattutto devono essere monitorati costantemente da un servizio psicologico interno. Esistono molte procedure differenti, ma c’è di fatto un pattern su cui tutti gli operatori che devono svolgere selezione si muovono. Devono essere valutate le conoscenze mediche, le conoscenze tecniche specifiche, la conoscenza e l’inserimento nell’ambiente, la capacità di lavorare in Elisoccorso e, infine, il fattore umano e le non-technical skills. Queste nozioni si possono considerare un “equipaggiamento interno” che non può essere scollegato dalle capacità tecniche.
Un lavoro non per tutti
Gli esiti delle ricerche e delle selezioni fatte fin’ora hanno dato esiti chiari. Gli psicologi hanno individuato sia topic da analizzare che capacità da non sottovalutare per chi opera in un ambiente così complicato. Ecco quindi che non appare strano come la selezione del personale per lavorare in Elisoccorso in Piemonte abbia dichiarato non idonei 75 partecipanti su 107. Professionisti che erano ottimamente equipaggiati dal punto di vista delle hard skills, ma che hanno ancora bisogno di lavorare sul tema della stabilità emotiva. Anche per questo – e per preservare la stabilità di chi è già idoneo al lavoro sotto stress in ambito sanitario – si stanno costruendo focus group. L’obiettivo è lavorare su strumenti psicologici da attivare dopo specifiche missioni, eventi traumatici. O, ancora, per sostenere i colleghi ad elaborare e rielaborare traumi e momenti complessi.