L’infermiere è una delle professioni colpita maggiormente dal rischio COVID-19 durante il 2020. Ma la malattia ha altri pesanti strascichi. I rischi psicologici che devono essere superati da chi ha combattuto in prima linea contro il virus.
Perché pensare a come stanno gli infermieri?

I morti registrati nel settore sanitario durante la pandemia
Infermiere del 118: un ruolo da proteggere, e da valorizzare
Per questo motivo oggi più che mai bisogna porre attenzione al ruolo degli infermieri. E’ fondamentale riorganizzare il sistema dell’emergenza extra-ospedaliera per garantire a tutti i cittadini, dovunque essi si trovino, uno standard equivalente di pronto intervento. “Gli Infermieri dell’Emergenza Territoriale – spiega Roberto Romano, presidente di SIIET – sono da oltre un anno in guerra contro il Coronavirus. Alcuni di loro si sono ammalati, altri sono morti di Covid-19. Bisogna dire che in questa pandemia abbiamo visto (e ancora stiamo vedendo) di tutto. Non si può certo dire che in molti casi non abbia regnato l’improvvisazione. Eppure, viene da pensare, dovrebbe esserci gente pagata per simulare scenari di catastrofe, perché di questo si è trattato, come quella che stiamo vivendo e per trovare soluzioni gestionali e operative concrete. Al contrario i colleghi, più o meno in ogni dove, si sono trovati senza dispositivi di protezione, specie all’inizio, e senza risposte certe sul comportamento da tenere. Questa mancanza di risposte, dovuta anche ad una assoluta confusione che è discesa giù fino dalle principali società scientifiche internazionali, ha in molti casi portato ad un senso di smarrimento generalizzato che in alcuni casi è sfociato anche in panico. SIIET ha creato fin da subito dei gruppi di lavoro specifici per cercare di raccogliere le principali evidenze disponibili in dei documenti fruibili. Abbiamo scritto documenti, ad esempio, sull’uso dei presidi per ossigenoterapia, per la sanificazione. Questi documenti ci pare siano stati accolti con favore dai colleghi e anche da alcune aziende sanitarie che li hanno utilizzati in maniera operativa. Anche l’assenza di supporto di tipo psicologico, strutturato, si è fatta sentire. Molti enti, si sono attivati per supplire a questa mancanza. Anche in questo caso SIIET ha fatto la sua parte attivando uno sportello di ascolto psicologico per i propri iscritti che, quasi subito, abbiamo poi allargato anche ai non iscritti. Ovviamente queste sono soluzioni tampone. La realtà è però che, basandoci sulle molte segnalazioni che abbiamo ricevuto da molte parti d’Italia, in molti casi è regnata la confusione. In questi eventi, seppure abbastanza inattesi e poco prevedibili, non possiamo permetterlo e, credo, alla fine di tutto sarà opportuno fare una grossa riflessione su tutto ciò che non ha funzionato”.