Parliamo di violenza e aggressioni dopo l’aggressione dei no-greenpass agli infermieri del Policlinico Umberto I. Cosa si può fare a supporto dei sanitari in ambulanza e in Pronto Soccorso?

I manifestanti fascisti e no-greenpass che sabato hanno messo a ferro e fuoco il centro di Roma si sono resi protagonisti di un’ulteriore azione di violenza. Hanno aggredito e ferito gli infermieri del Pronto Soccorso nel Policlinico Umbero I di Roma. Nella notte infatti un gruppo di dieci persone ha aggredito il personale di servizio per “liberare” un commilitone ricoverato in ospedale, che si rifiutava di sottoporsi alle cure mediche. I facinorosi hanno divelto una porta del Pronto Soccorso, lanciato bottiglie contro gli infermieri (ferendo tre professionisti sanitari) e bloccato la sala rossa del PS. Dopo un confronto con le Forze dell’Ordine il paziente e i suoi commilitoni sono stati lasciati andare. Una infermiera è stata colpita da una bottiglia in testa ed ha avuto diversi giorni di prognosi. “L’assalto è avvenuto – ha spiegato a Repubblica il direttore della struttura, Francesco Pugliese – perché avevamo un paziente arrivato dalla manifestazione, che rifiuatava i trattamenti e inveiva contro il personale. Una decina di persone si sono radunate fuori dal Pronto Soccorso, poi diventate quaranta. La tensione è aumentata quando sono iniziati gli insulti, le minacce, ed è iniziata l’irruzione. Siamo riusciti a contenerla isolando la sala rossa. Il personale si è barricato dietro le porte tagliafuoco della sala gialla”. 

La gestione della violenza in una sala di Pronto Soccorso o in ambulanza

Oltre alla ferma condanna di un gesto tanto ignobile quanto stupido e intollerabile, bisogna analizzare la situazione che si è venuta a creare. I medici e gli infermieri di Pronto Soccorso, così come il personale che opera a bordo delle ambulanze, è abituato a gestire in molti frangenti persone esagitate. Tossici, ubriachi, persone con disturbi psichiatrici sono pazienti che quotidianamente vengono gestiti in qualsiasi zona d’Italia dal personale sanitario. Molto spesso il soccorritore gestisce queste situazioni prima che arrivi la forza di Polizia a tutelare la sicurezza della scena. E’ quindi importante definire l’enormità di questa situazione. In Italia avvengono centinaia di aggressioni ai soccorritori, di cui non si parla ancora abbastanza. Nonostante una nuova legge abbia aumentato le pene per chi commette questo reato, si è lontani da una soluzione efficace per tutelare il personale. Molto spesso, purtroppo, non si riesce nemmeno a investire in formazione per aiutare soccorritori, infermieri e medici a gestire a livello di empatia e comunicazione la rabbia o l’alterazione del paziente che si ha di fronte. 

Che formazione seguire per potersi difendere a qualsiasi tipo di aggressione?

Il personale sanitario deve essere dotato di strumenti per tutelare la propria incolumità, come giubbotti anti proiettile e pistole elettriche teaser? Al momento queste dotazioni sono precluse ai soccorritori sanitari in quasi tutte le zone del mondo, anche se alcuni stati degli Stati Uniti hanno iniziato a discutere sulla possibilità di dotare EMT e Vigili del Fuoco di GAP (giubbotti anti-proiettile). Tornando ai fatti di Roma, bisogna pensare alla situazione che si è venuta a creare, con quasi 40 persone pronte a invadere un ospedale che ha un presidio delle forze dell’ordine formato da due agenti e qualche guardia giurata. Viste le conseguenze finali, è necessario fare i complimenti ai medici e agli infermieri del Policlinico per aver gestito la situazione con così pochi danni. 

Il primo tassello: la valutazione della scena

Quando la situazione diventa tesa, si scalda, ed iniziano ad esserci dei problemi, generalmente è troppo tardi per fare qualsiasi cosa. Al primo posto – in tutti i corsi di sicurezza e autodifesa – viene la valutazione della scena. Questo passaggio è fondamentale sia per il soccorritore che per la Centrale Operativa. Nel caso di Roma, la tensione aveva fatto drizzare le antenne ai sanitari e agli operatori del triage. In una situazione di emergenza extra-ospedaliera la valutazione della scena deve tenere conto di tutti questi fattori. Ci sono persone alterate? Si sentono grida, urla di aiuto, rumori di spari o di bottiglie rotte? C’è una folla che attende l’ambulanza? Capire la situazione, il contesto, aiuta a migliorare la gestione psicologica di quello che deve essere fatto, e aiuta a decidere se l’intervento si può fare oppure no. E’ anche possibile – in alcune situazioni – comunicare alla centrale che l’intervento non si può fare. Sono documentati – in tutta Italia – casi in cui all’apertura del portello il soccorritore si è trovato di fronte una persona armata che intimava di andare via. O che comandava ai soccorritori di occuparsi di un ferito (magari già deceduto) piuttosto che di un altro. 

Il secondo tassello: la comunicazione

Una volta entranti nella situazione “calda” bisogna poi cercare il modo di ridurre al minimo le tensioni, e di comunicare con il supporto remoto della centrale operativa senza creare alterazioni o problematiche. Se non è il paziente ad andare in escandescenza ma qualcuno di terzo, la situazione è più complicata da gestire. La comunicazione diventa un tassello importante, sia verbale che non verbale. Un tono tranquillo, una disponibilità all’ascolto, il mantenimento della distanza sono importanti. Nel frattempo, la valutazione della scena deve aver portato i sanitari a scegliere dove muoversi e a individuare una exit strategy. Bene hanno fatto al Policlinico Umberto Primo a isolare la sala rossa, per evitare che altri pazienti venissero aggrediti o che i manifestanti occupassero altre zone del Pronto Soccorso. 

Il terzo tassello: la collaborazione con le forze dell’ordine

Infine, è importante avere sempre un contatto per avere rapidamente le Forze dell’Ordine sulla scena. L’arrivo della Polizia generalmente calma gli animi e comunque riporta gli aggressori ad un minimo di ragionamento. Anche perché gli agenti di polizia possono intervenire fisicamente e sono formati per fermare le persone in stato di alterazione. Ne è prova il fatto che in pochi minuti dopo l’arrivo degli agenti, la folla violenta si è dispersa e la situazione è tornata alla normalità, anche se con due sanitari e due agenti feriti. La quarantina di manifestanti che voleva “liberare” il commilitone fermato, si è dispersa. Il paziente ricoverato infatti era stato sottoposto a identificazione per aver ostacolato le attività di Polizia, aveva tenuto comportamenti provocatori e opposto resistenza a pubblico ufficiale nelle operazioni di identificazione. Rifiutandosi e cercando di fuggire, l’uomo aveva dimostrato un palese stato di alterazione che aveva portato al ricovero in PS: lì, le invettive e le minacce erano continuate, con il rifiuto di sottoporsi al triage e alle misure previste per il contenimento del covid-19. Purtroppo, al termine dell’aggressione al PS, i manifestanti sono riusciti ad andarsene con il paziente. Contro cui il personale sanitario e l’azienda sanitaria stessa sporgeranno denuncia per le violenze subite.