Questo è il diario privato di un simulante occasionale. Una persona che – per un giorno – ha interpretato un paziente incosciente semi-annegato in un freddo lago del Belgio. Da questa esperienza è nata la riflessione che state per leggere.

È elettrizzante essere ospiti dei Grimp Day. Il meeting mondiale delle migliori squadre di soccorso in fune rappresenta l’evento più bello in Europa per il soccorso extra-ospedaliero. Niente ambulanze e sirene: solo ambiente complesso, non permissivo. Feriti caduti in tubi, traumi in cima agli alberi, simulazioni di estrazioni da percorsi complessi e tutto quello che di più difficile e complesso vi possa venire in mente a livello di recupero. Ventisei squadre, trecento persone, uno staff organizzativo di cinquanta volontari e una squadra di ideatori che hanno messo in piedi i peggiori scenari possibili da affrontare in soli tre giorni di gara. 

Simulante o simulatore: quale differenza?

C’è voluto parecchio tempo per metabolizzare e mettere al proprio posto ogni tassello di questo evento. Non è facile capire i principi di valutazione, (che hanno portato alla vittoria – ancora una volta – della Espeleo Soccorro Andaluz), né quale sia stata la prova più complessa da affrontare da parte dei team (ma anche qui c’è un indizio: la prova sanitaria è stata la più probante per le condizioni meteo e per il il critical thinking dei soccorritori). Ma, soprattutto, c’è voluto del tempo per riprendersi dall’imprevisto che – obtorto collo – mi ha trasformato in pochi secondi da videomaker e giornalista, in sommozzatore semi-annegato nel lago del parco naturale di Chevatogne, nella ridente provincia di Cimay (che fino ad allora, per inciso, conoscevo solo per la birra). 

Una persona viva è brava come un manichino a fare il morto?

È proprio di questa mezza giornata passata come simulante che vi voglio parlare. Questo ruolo è molto spesso difficile e necessita di preparazione, sia teatrale che tecnica. Nel mio caso la fortuna ha voluto che dovessi essere incosciente e non dovessi complicare la vita dei soccorritori con scenate e simulazioni di dolore. I soccorritori dovevano “solo” immobilizzarmi in due metri d’acqua, recuperarmi e portandomi sulla riva del lago in sicurezza. Ma passare ore e ore in un lago facendo il morto, seppur con una tuta a tenuta stagna, ha presentato delle problematiche che vorrei evidenziare:

  • I Grimp Day sono eccezionali perché è previsto, oltre allo staff, anche un simulante in carne ed ossa. La cosa permette di rendere molto realistica la simulazione, ma bisogna ammettere che può falsare anche qualche situazione. Per esempio il peso del ferito è diverso da equipaggio a equipaggio. La reazione alla ferita o alla situazione è diversa, e anche l’adattabilità del presidio sanitario non corrisponde. È difficile quindi fare un check-up complessivo sulla qualità di tutti i soccorsi. 
  • In alcune situazioni è davvero difficile effettuare procedure completamente aderenti ai protocolli. Pensiamo anche alla semplice fase di NIV. La ventilazione non invasiva su uno scenario in cui sono presenti pazienti simulati e non manichini, deve tener conto delle regole di sanificazione anti-covid, sobbarcando lo staff di lavoro extra estremamente pesante.
  • La reazione di una persona, comunque c’è. Mi sono reso conto che di simulazione in simulazione il mio modo di fare il morto migliorava, ma quando il freddo aumenta, e quindi la situazione si fa difficile,  il morto simulato in realtà agevola il soccorritore. Ecco perché in certe situazioni è bene avere un manichino a peso reale, o soluzioni similiari. Un manichino di qualità, specifico per il soccorso pre-ospedaliero, presenta varie caratteristiche che lo rendono migliore in questi aspetti:
    • Prima di tutto il peso è distribuito in modo realistico. Si può lavorare con pazienti pediatrici a partire dai 5 chili, arrivando ai 260 chili di un bariatrico. Rispettando sempre le finalità dell’addestramento;
    • In secondo luogo, usando una struttura non in plastica rigida, si evitano abrasioni, schiacciamenti, ferite a danno dei soccorritori. E poi è possibile simulare cadute e recuperi in spazi davvero complessi: acqua, spazi confinati, neve, tombini, camere del fumo. Gli scenari si moltiplicano;
  • Infine non si può evitare di pensare che, se la situazione deve essere critica, è necessario che sia critica fino in fondo. Il soccorritore deve lavorare in condizioni che non possono prevedere una tutela dell’indennità della vittima a priori. Lo scenario con il simulante in vita può essere più difficile se ci sono interazione e comunicazione, ma non può essere complesso dal punto di vista della sicurezza. Spesso, ciò non è realistico. E per testare al meglio determinati device e determinate strumentazioni, forse è bene lavorare in scenari un pochino più complessi.
  • Ultimo aspetto importante, da non dimenticare, è quello legato all’enfasi del soccorso. Se generalmente con un simulante vivo l’operatore si trattiene e cerca di essere delicato, con il manichino questo non accade. È forse necessario trovare un punto di interconnessione, come i manichini di simulazione ad alta fedeltà. Ma bisogna portare l’operatore sanitario o di emergenza ad essere il più fedele possibile a ciò che compirà un domani su un vero ferito, per migliorare le sue capacità di risposta e per apprendere con maggiore intensità ciò che sta facendo. 

Io sono sempre stato salvato dall’annegamento grazie ai Sapeur Pompiers di Namur e a tutti i team coinvolti. Ma se ci fosse stato un manichino a peso reale, che certamente avrebbe giocato il ruolo di vittima incosciente o morta in maniera più realistica di me, avrebbe potuto dire la stessa cosa? A voi la parola!