Nove punti sono alla base della professione di autista-soccorritore. E quando li vivi in prima persona, capisci che devono essere condivisi con tutti.
Quando guidiamo un’ambulanza non abbiamo per le mani un giocattolo o un’utilitaria, viste anche le generose dimensioni. Certo non stiamo neppure guidando un camion, ma nonostante tutto la nostra attenzione, ai pericoli, alla strada, a ciò che succede attorno all’ambulanza, e dentro l’ambulanza, deve essere massima. Ci vuole PREPARAZIONE, come abbiamo già detto, ma se una persona vuole raggiungere l’obiettivo di guidare un mezzo di emergenza, deve sviluppare meglio questo concetto, che non è fatto da una semplice parola o da una definizione.
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L’ambulanza non è un’automobile
Le dimensioni in lunghezza, altezza, larghezza sono completamente diverse e per tanto implicano risposte alle sollecitazioni durante la marcia (meccaniche e strutturali) totalmente differenti da una normale autovettura.
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Non dimenticare il vuoto
Nonostante la tecnologia sia particolarmente avanzata in campo automobilistico, grazie anche a vari strumenti elettronici di assistenza alla guida, non dimenticate che tutto il vano sanitario per quanto ben allestito è pur sempre uno spazio complessivamente vuoto. Da questo dettaglio (certamente non indifferente) viene influenzata non solo la stabilità del mezzo, quanto invece la reazione in frenata dello stesso. Tutti sappiamo che durante questo evento i pesi vengono proiettati in avanti, sull’avantreno, alleggerendo conseguentemente il retrotreno che, anche se pur assistito dal ripartitore di frenata, tenderà all’imbardata o all’effetto pendolo (situazione poco piacevole se accade in emergenza).
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Non sei il titolare della strada!
Si, è vero che il CdS consente tramite l’articolo 177 certe libertà all’autista durante la guida in stato di emergenza: qualora usino congiuntamente il dispositivo acustico supplementare di allarme e quello di segnalazione visiva a luce lampeggiante blu, gli autisti-soccorritori non sono tenuti a osservare gli obblighi, i divieti e le limitazioni relativi alla circolazione, le prescrizioni della segnaletica stradale e le norme di comportamento in genere, ad eccezione delle segnalazioni degli agenti del traffico e nel rispetto comunque delle regole di comune prudenza e diligenza. Ma questo non vuol dire viaggiare come se non ci fosse un domani, mettendo così a rischio non solo la propria vita, ma soprattutto quella degli altri utenti della strada circolanti e financo dell’equipaggio stesso a bordo con voi e dell’eventuale paziente trasportato.
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Non serve eccedere nella velocità
Questo anche nei casi di trasporti urgenti o d’emergenza, nozioni basilari che si dovrebbero ricordare spesso proprio agli autisti. Sono pochi – purtroppo – coloro che ad oggi rammentano le differenze insite in questi due sostantivi. Urgenza è differente da emergenza. È infatti dimostrabile che una buona conoscenza delle strade e dei luoghi nei quali si opera prevalentemente, è di gran lunga più efficace sulla riduzione dei tempi di intervento che non il semplice correre a velocità sostenute. Se infatti l’autista ha fin da subito chiaro dove dirigersi, anche se solo genericamente rispetto al luogo del soccorso, può adottare una guida più sicura, mantenendo comunque una velocità di poco superiore ai limiti imposti dal CdS.
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Evita distrazioni durante la guida
Anche il solo chiacchierare con i colleghi è motivo di distrazione. Tenete le mani ben salde sul volante, evitando come spesso invece accade di interagire con la radio di bordo, o con qualsiasi altro dispositivo presente sulla plancia supplementare dove sono posizionati i comandi (luci, sirene, riscaldamento, eccetera). Chiedete al vostro/a collega di prendersi carico di queste operazioni, ricordatevi che la vita di tutto l’equipaggio, e non solo, è nelle vostre mani. Peggio ancora se queste “distrazioni” avvengono con condizioni climatiche esterne avverse o di notte.
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Abbi sempre cura di verificare lo stato di efficienza del mezzo che dovrete utilizzare
Non fidatevi mai del passaparola. Non è mancanza di rispetto verso il collega smontante che vi consegna il veicolo, è semplicemente buon senso e prudenza. Verificate lo stato di usura degli pneumatici, chiedete se sono stati sostituiti. Verificate personalmente con un giro del mezzo a vuoto come funziona l’impianto frenante, controllate i fari, gli indicatori di direzione, i lampeggianti, gli strobi, le spazzole tergicristallo, gli specchietti retrovisori esterni ecc. Sembrano precauzioni eccessive, ma guardatevi bene dall’arrivare su un soccorso e rendervi conto che i freni vanno lunghi. Oppure uscire durante un diluvio e avere le spazzole tergicristallo che non funzionano, i fanali che non illuminano o gli pneumatici cambiati da poco e che non hanno ancora la giusta aderenza. Solo in quei momenti capirete che non sono inutili pre- cauzioni.
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Allacciate sempre le cinture di sicurezza e obbligate i colleghi a fare altrettanto, siete voi i responsabili di ciò che accade durante la marcia oltre che della sicurezza e incolumità dei trasportati.
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Ricordatevi che state trasportando persone non pacchi
Il vostro non è un servizio di consegna e ritiro merci. L’operato che svolgete è simile ad una “missione, a voi si affidano persone sofferenti, molto spesso impaurite e incerte del proprio destino. Siate per loro amici e amiche, anche se pur per un breve periodo di tempo poco importa. Mentre guidate pensate come se in quel momento su quella barella ci fosse un vostro genitore, una persona amata, qualcuno/a da coccolare e accudire. Siate consapevoli che in voi sono riposte molto spesso le speranze più profonde, da parte di chi in quel frangente a richiesto il vostro intervento.
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Per ultima ma non per questo meno importante
Tenete sempre a mente questo monito: Quando un domani svestirete quella divisa, qualunque essa sia, non dimenticate la cosa più importante; di voi resterà impresso nei ricordi di coloro che avete aiutato, ciò che avete fatto come uomo o donna, non certo il colore di quello che indossavate.
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Mi chiamo Francesco Carè, per oltre 27 anni ho prestato servizio come autista e soccorritore nella mia città (Verona). Per molto tempo sono stato uno dei tanti volontari presso alcune associazioni della provincia scaligera, solo nel 2009 il tutto si trasformava in attività lavorativa. Nel 2015 decisi di abbandonare temporaneamente il servizio attivo per questioni personali. Ripresi meno di due anni dopo, nel frattempo lo stato di salute di mia mamma diventava sempre più invalidante per lei, quindi posso dire che la mia opera di assistenza, sia lavorativamente che affettivamente, non terminava mai.
Proprio un giorno in cui prestavo servizio di emergenza a casa di un infartuato, sentii l’ambulanza del mio paese che dava il “caricato” presso il domicilio dei miei genitori. Era mia mamma, grave insufficienza cardiaca e respiratoria. Avrei voluto urlare, imprecare; avrei voluto stare con lei per rassicurarla, ma non potevo, ero altrove, distante da quel luogo dove mi avevano cresciuto i miei genitori da quel cuore che per me era tutto, era mia madre.
Feci un bel respiro profondo e riuscii a reprimere la voglia di piangere, in quel momento ero con un paziente che aveva bisogno di noi e che per i suoi figli era tanto importante quanto lo era mia mamma per me. Mi feci forza, lo caricammo e portai a termine il mio operato la mia “Missione”. Quel giorno ero io l’autista di quell’ambulanza.