Le considerazioni dei membri americani della NAEMT dopo aver concluso il meeting europeo sul soccorso pre-ospedaliero. Ci sono punti comuni da affrontare, ma anche tanta ammirazione e rispetto per chi ha affrontato la pandemia con strategie interessanti da studiare.
E’ possibile incrementare la qualità del servizio pre-ospedaliero facendo ricerca e ottimizzando le risorse? Si, e ci sono dei punti focali su cui concentrarsi per misurare questi miglioramenti, che danno un beneficio a tutto il sistema sanitario. Individuare questi keyponint a livello europeo è stata una delle missioni del REEC2021, la conferenza organizzata da NAEMT per confrontarsi con i centri di formazione che fanno capo alla famosa associazione degli EMT americani, che eroga nel mondo migliaia di corsi dedicati alla gestione del trauma e non solo. In particolare è stato David Page – membro della faculty scientifica di NAEMT, direttore del centro di ricerca pre-ospedaliera dell’università della California e paramedico dalla lunghissima carriera. Per Page c’è una forte convizione: si possono tradurre in regole educative gli standard operativi, perché funzionano.
“Asssolutamente si. Penso che la ricerca in questo senso sia molto importante. Possiamo dimostrare che le cose buone fatte con l’educazione si riflettono sulla cura del paziente in maniera diretta. C’è uno studio molto interessante fatto in Messico, che dimostra come la formazione PHTLS incrementa il survival rate e riduce i tassi di mortalità nella comunità locale. Sappiamo che l’educazione corretta incide sull’outcomes. Se è stato fatto lì, dobbiamo sapere che è possibile farlo anche altrove”.
Ma in Europa la tipologia dei professionisti a bordo dei veicoli è tanto differente. E’ questo il motivo per cui si fa il REEC, un meeting pensato sulle esigenze di operatori sanitari diversi. Ed è l’occasione per incontrare e vedere al lavoro nelle centrali operative i soccorritori che davvero salgono sulle ambulanze.
“E’ stato bellissimo approfondire la conoscenza dei soccorritori italiani, a Torino. Un fantastico professionismo, mi ha impressionato il modo in cui gli operatori hanno affrontato la pandemia. Nel mondo tutti abbiamo dovuto affrontare la crescita dei pazienti, ma qui è stato incredibile. Persone fantastiche, con un’ottima attitudine hanno fatto un grande lavoro. Le risorse sono state gestite con intelligenza, capendo dove mandarle, con una grande capillarità nella tipologia di emergenze e di personale da impiegare. Soprattutto ho visto un mix fra metodi tradizionali e nuove soluzioni davvero interessante. E’ stato un onore poter entrare in centrale e imparare dai loro sistemi.
NAEMT oggi è in 78 paesi del mondo, e quindi armonizzare il tutto è davvero difficile. Pamela Lane, Executive Director di NAEMT, sa bene che sfida sia incrementare verso gli stessi obiettivi strutture preospedaliere tanto diverse nel mondo.
“Oggi la grande sfida è proprio dare la stessa qualità educativa basata sull’evidence-based medicine a professionisti con così tante differenze formative e operative. Lavoriamo davvero tanto con i nostri partner nel mondo perché vogliamo assicurare lo stesso accesso. Ovviamente lavoriamo con tanti metodi: incontri, meeting virtuali, libri, nuove tecnologie. Il fatto è che sapendo che ogni EMS community è diversa, dobbiamo dare a tutti un focus circostanziato ed efficace. Appropriato per ciò che sta avvenendo”.
Ma il problema più grande non pare essere quello formativo, ma quello protettivo. I sanitari impiegati nel mondo pre-ospedaliero non ottengono mai una buona considerazione, soprattutto in questo momento di pandemia.
“Si, abbiamo pubblicato uno studio sull’attenzione ai setting pre-ospedalieri nel mondo durante il covid-19. Il risultato è che i provider pre-ospedalieri sono spesso percepiti come un’entità a parte rispetto all’ospedale, alla comunità sanitaria. Molto spesso, quando c’è bisogno di accedere ai fondi per le ambulanze e i soccorritori, il mondo EMS non riceve ciò di cui avrebbe bisogno. Il loro budget non è prioritario. Non è una situazione solo locale, è mondiale. E’ una cosa che andrebbe migliorata a livello comune, perché il servizio pre-ospedaliero è parte del sistema sanitario, fa parte della sanità pubblica, e necessita di fondi per essere integrato in modelli di healthcare capaci di garantire ai pazienti un continuum dal punto in cui avviene il problema fino al percorso di uscita dal Pronto Soccorso o dall’Ospedale.