Prendiamo spunto da un comunicato della SIIET per andare a fondo sul ruolo del medico, sul ruolo dell’infermiere e sul ruolo del soccorritore dentro al sistema 118 italiano. Perché le realtà più avanzate hanno infermieri con protocolli e lavorano con un sanitario su tutti i mezzi?
Questa discussione parte da un trafiletto pubblicato su La Nazione, quotidiano fiorentino che ha messo nero su bianco l’attacco di un sindacalista medico contro la categoria degli infermieri. In quel trafiletto vengono denunciate le carenze del personale medico nel sistema dell’emergena territoriale 118 di Firenze-Prato, e viene inoltre accusata la struttura sanitaria di “sostituire la figura medica con quella infermieristica, con le ovvie ricadute sul servizio e sulla sicurezza dei cittadini”.
Ma davvero i cittadini sono più sicuri se c’è il medico in ambulanza?
A intervenire sul caso è la SIIET, società italiana degli infermieri extra territoriali. Le parole della infermiera Barbara Gazzini, referente SIIET in Regione Toscana, sono chiare e delineano una situazione comune in Italia, dove la risposta al Covid-19 sta imponendo diversi modelli di risposta. “Nella settimana passata il SET (sistema di emergenza territoriale) è andato in grave affanno per la carenza di personale. Proprio la versatilità di questo sistema di emergenza, e l’avanzata normativa regionale a riguardo, hanno dato modo di rispondere con rapidità al problema, rimodulando i livelli di assistenza senza che vi fosse, in nessun momento, un problema di sicurezza per il cittadino. Additare la figura Infermieristica, che opera nel sistema congiuntamente al medico, in autonomia nel territorio da quasi 30 anni, come non sicura per il cittadino solo a fronte di sostituzioni temporanee in posizioni geograficamente distanti dai presidi ospedalieri, per far fronte ad uno stato di necessità, è offensivo nei confronti della professione infermieristica. Non solo, è offensiva anche di tutta la categoria di professionisti che ruota attorno al sistema dell’emergenza, specie se tali affermazioni non sono suffragate, come in questo caso, da nessun dato a supporto”.
Fermare le offensive di pochi medici contro il 118
La dottoressa Gazzini poi prosegue, richiamando i Principi e i valori professionali del Codice Deontologico infermieristico e quelli del codice di deontologia medica: “Ci attendiamo dall’Ordine professionale i giusti passi a tutela di una categoria, quella infermieristica, che in questo periodo è sottoposta ad uno sforzo operativo e gestionale senza precedenti e che non ha certo bisogno di “fuoco amico” da parte di altri attori del sistema.
Questi, certamente, farebbero meglio, prima di avventurarsi in valutazioni non richieste ed inopportune sulle competenze di altri professionisti, a guardare in casa propria, specie per quello che riguarda il disastro di programmazione che porta a questi eventi e che, in questi anni, non è certamente dipeso dalla compagine infermieristica”. L’attacco contro gli infermieri di area critica però, è soprattutto sbagliato dal punto di vista scientifico. Cerchiamo di vedere il perché nel prossimo capitolo.

Ambulanza e automedica in Olanda. Interviene un’equipe prima di infermeri e poi, nel caso, il medico MEU
Come è realmente organizzato il 118 di un paese avanzato?
A supporto della qualità di un servizio 118 formato in gran parte da infermieri arriva uno studio realizzato dal
NIVEL – Netherlands Insititute for Health Services Research nel 2015. Si tratta della comparazione reale dei servizi di emergenza di 14 paesi Europei. Niente confusione, quindi: lo studio “Ambulance care in Europe – Organization and practices of ambulance services in 14 European countries” racconta proprio come funzionano i migliori servizi pre-ospedalieri d’Europa, senza dilagare oltreoceano dove le cose sono molto diverse. Quali sono i paesi che hanno partecipato? Quelli con i servizi migliori secondo la classificazione della commissione sanitaria UE, e quelli che hanno strutturato i propri servizi più recentemente, quindi: Belgio, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Germania, Ungheria, Irlanda, Lituania, Lettonia, Olanda, Norvegia, Spagna, Turchia e Gran Bretagna.
Non ci sono né l’Italia né la Francia. Come mai?
Per quanto riguarda la Francia, non compare nella ricerca NIVEL perché il servizio pre-ospedaliero SAMU è operato nella maggior parte dei casi dai Vigili del Fuoco degli SDIS, i distretti francesi, e quindi non è possibile comparare i dati con quelli dei sistemi europei. Il sistema Italiano invece non è presente perché nella maggioranza dei casi le ambulanze che arrivano a casa degli italiani che chiamano il 112/118 sono composte da volontari e sono di strutture associative, non del 118. Inoltre molti servizi vengono effettuati con i volontari, non con infermieri, infermieri di area critica o medici. L’Italia era inclusa nella ricerca svolta nel 2010, ma nessuno ha aderito per la nuova valutazione del 2015. Il sondaggio avrebbe paragonato in particolare il tipo di ambulanza e di equipaggio per ogni trasporto, chiedendo di inserire anche il corrispondente numero di ore di training richiesto per quella mansione. Nessuno per il nostro Paese ha fornito i dati a NIVEL, tanto che la nostra realtà è stata esclusa dal recap sul sondaggio successivo.
Chi sale, quindi, in ambulanza in Europa?
Per rispondere alle polemiche dei medici nostrani è quindi necessario approfondire la ricerca olandese andando a cercare le qualifiche che vengono richieste per operare in ambulanza nei paesi europei. A quali livelli si risponde e in che modo? Il livello 1 è il più avanzato, il livello 2 è il meno critico, il livello 3 è quello non urgente. Ecco quindi che l’infermiere appare in tutte le posizioni di intervento in Belgio e in Estonia, e la figura del paramedico è prioritaria in ogni altro servizio di emergenza. Ad essere differente è la Repubblica Ceca, uno dei paesi più piccoli dove i team lavorano su due sole priorità sfruttando da un lato i medici (quello dei traumi acuti) e dall’altro i paramedici. E’ però da segnalare come il personale che sale a bordo delle ambulanze della Repubblica Ceca non sia semplicemente medico, ma medico di emergenza urgenza (merce decisamente rara, oggi, in Italia).



Il personale in centrale operativa è principalmente infermieristico, e in ogni realtà fa turni sia in ambulanza che in C.O. per mantenere skills e preparazione
Perché dovremmo seguire il resto d’Europa sul personale in ambulanza?
A questo punto, invece di criticare chi mette più infermieri sulle ambulanze, sui mezzi di risposta rapida avanzata (le autoinfermieristiche) o di supporto alle ALS medicalizzate, bisognerebbe studiare meglio i modelli europei e capire come raggiungere alcuni dei livelli standard di cura che sono offerti al cittadino in realtà comparabili con la nostra. Per esempio la realtà spagnola, oppure la realtà inglese, dove persistono situazioni geograficamente simili alla nostra dal punto di vista dei rischi e delle distanze che intercorrono fra un luogo ipotetico di incidente e l’ospedale (adeguato) più vicino.
Ma, soprattutto, cosa dicono i report di qualità degli interventi?
A supportare questa strada sono soprattutto i report sulla qualità dei servizi forniti. Non c’è alcun calo di qualità negli interventi performati da staff infermieristico su protocollo medico. E’ inoltre estremamente difficile stabilire dei marker comuni per valutare la qualità di un servizio del 118, ma ci sono servizi che hanno reso pubblici i propri dati, e quindi si offrono al mondo scientifico per stabilire e comparare la propria realtà, fra quelle più o meno efficaci. Questo è un segnale importante: non avere paura di mostrare i dati significa soprattutto rendere il sistema più forte perché può correggere le proprie debolezze sfruttando errori e idee geniali avute da altri colleghi del mondo. Anche perché non si può definire un servizio “buono” e uno “cattivo” con il solo dato del target di arrivo sull’intervento. Sono gli 8 minuti di standard la situazione unica per dire se un servizio 118 funziona bene o male? Lo studio NIVEL fornisce un overview su sistemi pre-ospedalieri che sono molto diversi, uniformando dati più importanti. Hanno tutti lo stesso scopo, ma tutti hanno regolamentazioni e leggi specifiche. Inoltre in alcune realtà c’è differenza fra i trasporti urgenti e quelli non urgenti. Sei paesi forniscono il numero di trasporti annuali e la percentuale di trasporti per cittadino, tre paesi forniscono anche i numeri dei trasporti sanitari. Ci sono poi nove paesi capaci di dire quante chiamate sono state accettate e come sono state risolte. Ma purtroppo non ci sono ancora – a livello internazionale – degli indicatori standard di qualità riguardo ai sistemi pre-ospedalieri. In nove paesi della ricerca però esistono dei programmi di valutazioe della qualità di trasporto in ambulanza. In dieci paesi invece, gli indicatori di qualità e formazione degli operatori e della cura in ambulanza sono stati già implementati. In generale inoltre è prevista anche una misurazione della prospettiva del paziente rispetto al servizio di ambulanza. Rimane il fatto che le strade intraprese da questi paesi sul 118 non sono cambiate. Ma sono aumentati i numeri, facendo richiedere agli estensori dello studio una maggiore specializzazione delle professioni che salgono in ambulanza, con competenze più mirate sui servizi di emergenza.
Se noi, in Italia, non abbiamo medici a sufficienza per i Pronto Soccorso e ci stiamo mandando specialisti di altre realtà, come dovremmo operare sul sistema pre-ospedaliero se non usando il professionista meglio formato e protocollato per queste situazioni, ovvero l’infermiere di area critica?