Dopo trent’anni è il momento di scrivere il nuovo ruolo dell’infermiere nel 118. Un ruolo che la ricerca scientifica e la formazione hanno ben definito nel tempo, ma che la politica non ha ancora standardizzato in tutta Italia.

Quando, nel momento più difficile della pandemia da COVID-19, gli infermieri del 118 hanno deciso di dotarsi di una società scientifica, nessuno credeva che in così poco tempo il ruolo del soccorso pre-ospedaliero sarebbe diventato un pilastro centrale nella discussione politica italiana. La pandemia ha messo davanti agli occhi di tutti l’importanza della formazione l’arretratezza strutturale e procedurale in diverse realtà del Paese. In questi trent’anni la formazione in ambito infermieristico è cresciuta molto, soprattutto nei percorsi post-base. Quello che non è cresciuto, o se lo ha fatto, a macchia di leopardo, è stato il riconoscimento professionale e contrattuale.

Infermiere 118, un valore aggiunto… non valorizzato

La nascita della SIIET (Società Italiana Infermieri di Emergenza Territoriale), tre anni fa, ha dato un punto di riferimento a quell’infermiere che è – dal 1992 – la figura centrale del 118 in Italia. Il motivo per cui Marco Vigna e gli altri estensori del DPR avevano fissato questa figura come fulcro del pre-ospedaliero è semplice da spiegare a chi pratica il mondo EMS: è l’infermiere che ha quel mix di capacità operative e competenze efficaci (in tutto il mondo) sia dal punto di vista clinico-assistenziale che in quello operativo. Nessuno ha mai inteso sostituire il medico, ma dargli il ruolo che gli compete maggiormente, vista anche la scarsità delle risorse in campo.  Questa estenuante lotta blocca lo sfruttamento e l’implementazione delle capacità degli infermieri nel 118 ormai da trent’anni. Ecco perché proprio la SIIET lavora alacremente per trovare una soluzione a questa impasse non più tollerabile.

Infermiere: l’autonomia ragionata sulle competenze salva le persone

Da tre anni la SIIET è al lavoro per migliorare la produzione scientifica italiana affinché il ruolo dell’infermiere in emergenza territoriale sia valorizzato come merita anche nelle tante realtà provinciali del 118. Position paper, revisioni della letteratura, case report e approfondimenti delineano la strada che i più di 1.000 iscritti alla società scientifica seguono ogni giorno. In particolare, il nuovo direttivo della società scientifica, con Andrea Andreucci, Cristiano Calò e Francesca Marfella prosegue sulla strada della formazione: il primo tassello perché dovunque si arrivi con le stesse competenze a richiedere le autonomie e le responsabilità operative necessarie per fare il bene del paziente, rapidamente e in modo efficace.

Non lasciare indietro nessun infermiere del 118, in nessuna Regione

“Abbiamo lavorato molto – spiega Cristiano Calò, vicepresidente della SIIET – affinché gli infermieri abbiano dovunque corsi di aggiornamento e approfondimento delle competenze più importanti. Educazione alle istruzioni pre-arrivo, corsi sulla gestione delle emorragie massive, miglioramento delle competenze relazionali e delle soft skill sono oggi organizzati in diverse realtà associate alla SIIET. Stiamo partendo con un nuovo corso itinerante che dovrà toccare tutte le Regioni. Alle competenze clinico-assistenziali. Gli infermieri devono sapere che possono lavorare con le proprie centrali e amministrazioni affinché quello che viene fatto normalmente in tutta Europa sia possibile anche in Italia: noi vogliamo che siano valorizzate le competenze, non i protocolli. Avere la competenza richiede preparazione, capacità di riconoscere un confine operativo, possibilità di applicare algoritmi studiati ed elaborati non tanto per rendere indipendente il professionista, ma per farlo diventare un valore aggiunto nell’intervento di emergenza extra-territoriale. Dovrebbe essere ormai assodato che l’infermiere non si vuole sostituire al medico. Allo stesso modo deve essere chiaro che mantenere limitate e congelate le potenzialità della figura infermieristica lede i diritti di cura dei pazienti, a volte in condizioni estremamente critiche. Per questo crediamo nella formazione come primo mattone per costruire il futuro”.

Ma quali sono i reali problemi degli infermieri da risolvere?

“Più che un problema dell’infermiere come SIIET ci poniamo in dialogo con tutte le altre realtà scientifiche affinché siano risolti i problemi del 118. L’obiettivo è far funzionare il sistema non tanto con dei protocolli operativi, ma con il posizionamento delle figure che servono dove servono, e nella quantità necessaria per coprire il territorio. Se noi mettiamo su un’ambulanza un infermiere con dei protocolli, questo è limitato nel caso in cui abbia competenze certificate superiori. Diventa invece un problema nel caso in cui il professionista non abbia le capacità di utilizzare quei protocolli. Ecco perché a noi piace di più lavorare per obiettivi, funzioni e competenze. Serve un livello minimo di funzioni per poter salire in ambulanza e operare in un determinato modo. A nostro parere, e abbiamo trovato diverse voci insieme alla nostra che sono concordi, la Carta di Riva lo dimostra, servono delle linee guida basate su competenze e priorità per garantire in tutta Italia un servizio di assistenza infermieristica in emergenza territoriale 118 efficace”.

Nella pratica, che situazione c’è in Italia?

Oggi in Italia la situazione è critica, perché a macchia di leopardo e spesso senza chiarezza. Per lavorare in 118, in alcune realtà, è caduto il vincolo dei due anni di specializzazione in area critica. La considerazione che si sta iniziando a dare alla figura infermieristica non è ancora seguita abbastanza dalla formazione. Dobbiamo decidere insieme quali sono le finalità, quali sono le competenze minimali, e quante figure infermieristiche servono: non possiamo pensare che l’infermiere di elisoccorso possa fare lo stesso percorso di training (e re-training) di un infermiere che opera su un’ambulanza piuttosto che su un’automedica. A quel punto il sistema avrà gli strumenti per valorizzare il professionista. Senza bisogno di dare compitini protocollati, ma soprattutto senza più l’affidamento all’illuminazione di chi gestisce la centrale 118: da Aosta a Pantelleria è necessario che tutti gli infermieri 118 operino sullo stesso percorso, posizionandosi in base alle competenze e alle capacità.