In Turchia e Siria continua la ricerca e il soccorso sotto le macerie da parte dei team USAR di tutto il mondo. Chi si è mobilitato per salvare vite dopo il terribile sisma che ha devastato il sud-est dell’Anatolia oggi racconta quello che sta vivendo.
Grazie al lavoro della SIMEU (Società Italiana della Medicina di emergenza-urgenza) oggi possiamo raccontare l’esperienza diretta di alcuni medici che sono in Anatolia, nella regione di Hatay, per portare avanti le operazioni di ricerca e soccorso dei superstiti al terrificante sisma che ha devastato l’area ormai 10 giorni fa. A parlare è la dottoressa Sara Montemarani, medico MEU del dipartimento di Emergenza dell’Ospedale San Donato di Arezzo.
Ricerca e soccorso USAR: quale scenario affronta?
La dottoressa Montemarani ha visto fin dalle prime ore quanto fosse disperata la situazione: “La città è devastata, la situazione è letteralmente drammatica, non ci sono altre parole. Sono un medico che opera in Pronto Soccorso e in 118 e faccio parte del team USAR Toscana dall’autunno del 2022. Appena siamo stati attivati la nostra squadra si è diretta ad Antiochia, nella provincia di Hatay, in Turchia. Il lavoro di ricerca e soccorso però è davvero complesso. Le immagini strazianti sono drammaticamente reali. Purtroppo stiamo recuperando pochissimi feriti, molti bambini vengono individuati deceduti.
Un lavoro da svolgere in fretta: contro il tempo, alleati del silenzio
La speranza di trovare superstiti in vita è sempre più flebile. “Normalmente entro qualche giorno le chances di sopravvivenza calano drasticamente. E’ improbabile oggi trovare sopravvissuti sotto le macerie. Ci sono però state esperienze che hanno dimostrato come in realtà il tasso di sopravvivenza possa essere maggiore di quanto prevedibile. Bisogna lavorare senza mai perdere la speranza”. Anche perché – come sta insegnando di nuovo la cronaca – in alcune circostanze i soccorritori possono fare veri e propri miracoli, come il salvare persone intrappolate a 10 giorni di distanza. La cosa più difficile – fra le macerie – è imporre il silenzio per ascoltare dove possono trovarsi eventuali sopravvissuti incastrati sotto le macerie. E poi superare il problema organizzativo, in cui le esperienze di medici e infermieri diventano fondamentali. Ma è l’unico modo per ottenere risultati: ” Il momento più forte, emotivamente, è stato salvare la vita di un collega, uno studente di infermieristica rimasto sotto le macerie per più di 48 ore. E’ stata sicuramente l’esperienza più significativa. Il suo pianto quando ci ha visto ha ripagato tutte le nove ore di lavoro impiegate per liberarlo”.
Far ripartire la macchina dell’assistenza sanitaria, senza strutture
“In missione all’estero – continua la dottoressa Montemarani – sicuramente la barriera linguistica e l’organizzazione sanitaria locale sono le maggiori difficoltà da risolvere. Non mancano i rifornimenti, ma bisogna coordinare al meglio le risorse”. L’Italia, con il Dipartimento di Protezione Civile, è scesa in campo anche con questo mobilitando il più grande ospedale da campo presente in Europa, gestito dal centro logistico di Croce Rossa di Novara. L’impianto – partito con la nave San Marco dal nostro paese pochi giorni fa – è già arrivato e in fase di installazione nella zona colpita dal sisma. E la copertura sanitaria per i superstiti è davvero cruciale: “Il rischio di infezioni aumenta progressivamente nei giorni successivi al disastro. Le prossime settimane saranno impegnative anche su questo fronte”.
Rispondere allo stress operativo è possibile?
Non bisogna poi dimenticare che queste emergenze, queste tragedie, impattano fortemente anche sull’animo di medici e infermieri. Anche chi opera ha delle emozioni:”Al momento cerco di concentrarmi sull’obbiettivo di partenza- spiega Montemarani – perché cercare di supportare la popolazione locale recuperando con i vigili più persone possibili dalle macerie è l’unico scopo del nostro lavoro. Certo, paura e impotenza rimangono presenti, ma al momento non possono avere il sopravvento perché c’è la necessità di essere attivi al 100% per la popolazione”. Le riflessioni però sono tante, e anche le conlusioni: “Rispettare l’ambiente e limitare la costruzione ad alto rischio sismico sarebbe fondamentale per evitare queste tragedie. Purtroppo serve prevenzione primaria, prima di tutto. Ma bisogna sottolineare una cosa: il corpo dei Vigili del Fuoco è veramente straordinario, in qualsiasi parte del pianeta. Con loro il lavoro in team è stato sicuramente un’esperienza significativa e da portare avanti”.