E’ in fase di elaborazione finale l’indagine scientifica sul ruolo degli infermieri svolta dalle società SIEMS (Società Italiana EMergenza Sanitaria) e SIIET (Società Italiana degli Infermieri dell’Emergenza Territoriale).

I primi dati comunicati alla stampa sono davvero interessanti: il 118 è un sistema frammentario, con formazione e attività di medici e infermieri in ambulanza estremamente varia da un territorio all’altro. In molte province mancano protocolli per la somministrazione di farmaci salvavita in emergenza. 

“Non può più essere differita una riforma del sistema di Emergenza Sanitaria 118” osserva nel suo comunicato la SIEMS. Dai dati dell’indagine emerge che il 118 sul territorio nazionale è tutto fuorché uniforme. Nemmeno a livello regionale c’è una unità di intenti o di visione. Nella maggior parte dei casi “è proprio il sistema regionale a venir meno, dal momento che all’interno dello stesso territorio coesistono situazioni molto diverse”. L’indagine delle due società scientifiche è stata somministrata a livello provinciale proprio per cogliere le peculiarità del servizio con la maggior aderenza possibile al territorio. Ottima la risposta: su 114 unità interpellate, solo due mancano all’appello.

Il 118: un quadro puntinista

La fotografia che emerge dalla survey e dai dati  raccolti dalle due società scientifiche evidenzia forti difformità: rilevanti le discrepanze sul servizio offerto, a partire dai mezzi di soccorso utilizzati fino ai protocolli applicati in emergenza e ai criteri di formazione e selezione del personale sanitario impiegato nel soccorso. Se ci sono province in Italia dove sul mezzo di soccorso è sempre presente personale medico, impegnato quindi anche su codici bianchi o verdi, in altre realtà c’è una diversificazione degli equipaggi, che vengono attivati a seconda della criticità dell’intervento. Il dato che però rende grave la fotografia effettuata delle due società scientifiche è la presenza di protocolli atti a far svolgere manovre invasive o somministrazioni salvavita al personale sanitario infermieristico. 74 province in Italia (67% del totale) non hanno ancora istituito protocolli guidati o autonomi che prevedano la somministrazione di farmaci o procedure salvavita da parte degli infermieri: “Un passo indietro rispetto a una normativa che risale addirittura al 1992”, affermano all’unisono i presidenti delle due società, Mario Costa (SIEMS) e Roberto Romano (SIIET).

Infermieri non autonomi e medici a macchia di leopardo

Anche nell’organizzazione della centrale 118 c’è un fattore di frammentazione non di poco conto. “Il medico (di centrale operativa ndr) è infatti presente in 90 province su 114. Sono senza medico in Centrale aree del Veneto, delle Marche, del Friuli Venezia Giulia e dell’Emilia Romagna”. Un dato che cozza con la necessità di uniformità che la pandemia da COVID-19 ha evidenziato come fondamentale. Se infatti sul territorio si può pensare ad una organizzazione capillare differente, per presenza di mezzi, tipologia di operatori e numero di sanitari, è difficile vedere in maniera differenziata la gestione regionale o centralizzata dell’emergenza: “Quella che abbiamo realizzato, grazie alla collaborazione della quasi totalità dei sistemi provinciali del 118 – affermano ancora Costa e Romano – è una prima fotografia del sistema di emergenza nel nostro Paese. Una fotografia di cui andranno poco per volta messi a fuoco alcuni importanti dettagli ma che già consente di rilevare due indifferibili priorità: una riorganizzazione omogenea delle risorse e un coordinamento centrale, ad oggi totalmente assente, di un sistema che è riuscito a reggere l’onda d’urto dell’emergenza Covid-19 grazie al fortissimo senso di responsabilità di tutto il personale coinvolto ma che ha mostrato la sua debolezza proprio nell’assenza di una regia”

A fronte dei primi risultati emersi dai dati raccolti, le due società scientifiche si sono impegnate a monitorare da vicino le condizioni del sistema 118, aggiornando periodicamente la ricerca, che verrà divulgata al mondo 118, alla stampa ma soprattutto consegnata al Ministro della Salute, alla Commissione Salute e ad altre figure istituzionali.

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