Le ondate di calore possono creare grossi problemi, su pazienti anziani e pediatrici. Cosa dovrebbero saper fare i servizi di ambulanza?

E’ già successo, in estate, di assistere a tragedie avvenute per ipertermia. La condizione di questa patologia è caratterizzata da un aumento della temperatura corporea talmente alto e prolungato da causare convulsioni, svenimenti, cali di pressione, stato di coma. Generalmente si può gestire con una adeguata idratazione, ma non sempre è sufficiente o possibile, soprattutto in due tipi di pazienti: l’anziano – che spesso dimentica di bere o pensa di non averne bisogno e può avere un deperimento delle condizioni molto rapido – e il bambino – che non spesso (soprattutto in spiaggia) non vuole bere perché troppo intento a fare altro, oppure troppo debole a causa di malattie che fanno perdere molti liquidi.  

Prendiamo due esempi: La situazione che si è venuta a creare nelle scorse settimane in Arizona segnala come periodi prolungati di alte temperature possono diventare un grosso problema per tutti – soccorritori inclusi. Sul Wall Street Journal e sul Las Vegas Review sono riportati eventi singoli in cui pazienti anziani sono morti per aver passato intere giornate senza aria condizionata con condizioni febbrili sopra ai 38.9 gradi centigradi. Il caso di Penny Clark è un esempio significativo: una volta chiamata l’ambulanza per il trasporto verso l’ospedale, l’anziano è morto di ipertermia sulla barella dove si trovata durante il viaggio. Non è chiaro se al paziente siano stati somministrati liquidi prima o durante i trasporto. I fattori che hanno causato questa morte sono sotto investigazione, ma sicuramente ci saranno risvolti legali importanti per i soccorritori EMT a bordo del veicolo, che era stato attivato in codice di bassa criticità.

Per quanto riguarda i bambini invece, le autorità e la stampa americana stanno martellando da settimane sulla cura e l’attenzione verso i più piccoli durante le ondate di calore. E’ vero che lasciare un bambino a giocare da solo nel giardino generalmente non porta a rischi, ma bisogna controllare spesso che i bambini non rischino la disidratazione. Con una temperatura che nei dintorni della città dell’Arizona è arrivata ai 53°, è sicuramente importante mantenere l’attenzione sul tema. In caso di ipertermia bisogna conoscere i sistemi per raffreddare correttamente i pazienti una volta saliti in ambulanza. Prima di tutto dovrebbero essere evitati eccessivi usi dell’aria condizionata, perché – come nell’ipotermia – sbalzi di temperatura eccessivi nei pazienti che salgono a bordo del mezzo conducono a stati di chock. 

Idratazione, reidratazione, sete

In secondo luogo va controllata nel migliore dei modi l’idratazione . La reidratazione è uno dei fattori principali per ridurre gli effetti dell’ipertermia – soprattutto nei pazienti pediatrici. Quando un bambino si disidrata perché dimentica di bere, si perdono liquidi e si riduce il volume plasmatico presente nei vasi. I motivi alla base di questa perdita sono problemi gastrointestinali, eccessive sudorazioni, aumento della respirazione. Generalmente nei pazienti pediatrici queste perdite sono bilanciate (ovvero isogoniche) ma possono essere anche ipersoniche o ipotoniche. L’entità della disidratazione diventa grave quando i liquidi persi rappresentano più del 10% del peso corporeo. 

Il sanitario può valutare la disidratazione del paziente pediatrico usando la scala di Gorelick.

Si tratta di una scala che parte dall’impressione clinica (“il bambino sembra in buone condizioni?”) e prevede anche domande che raramente si fanno con interventi in autoambulanza, però vanno ricordate: il paziente ha perso peso per colpa di una malattia? Ci sono indicazioni su quanto il paziente ha bevuto precedentemente alla chiamata del 118? Essendo elementi aleatori, è bene utilizzare uno scala di score precisa:

  • Occhi alonati
  • Mucose visibili asciutte
  • Pianto senza lacrime
  • Pliche cutanee persistenti per più di 2 secondi

Poi ci sono altri fattori da valutare per capire se la disidratazione è grave o meno. Ognuno di questi successivi fattori dovrebbe far pensare all’uso di un codice rosso per l’accesso in ospedale:

  • Stato generale compromesso
  • Tempo di refill superiore a 2 secondi
  • Polso radiale debole
  • Tachicardia (superiore a 150 bpm)
  • Tachipnea
  • Oliguria

Ogni voce di questa scala vale 1 punto. Sotto i 3 punti la disidratazione è lieve e si può assegnare un codice verde. Sotto i 5 punti la disidratazione è moderata, e si può assegnare un codice giallo. Sopra ai 5 punti la disidratazione è grave e bisogna indicare un codice rosso immediato. 

Ovviamente ci sono fattori di rischio che aumentano l’attenzione da porre sul paziente:

  • Un’età inferiore ai 6 mesi
  • Episodi persistenti di evacuazioni o vomito
  • Stato di malnutrizione evidente
  • Scarso accrescimento
  • Cardiopatie congenite
  • Insufficienza renale

Nel caso di una disidratazione lieve o moderata, al personale non è richiesto altro se non effettuare una reidratazione per via orale con soluzioni SRO. Queste garantiscono oltre ai liquidi anche concentrazioni di sali adeguate alle perdite elettrolitiche.

Chiaramente se il bambino non collabora, non beve o peggiora, deve essere reidratato per via endovenosa con i fluidi adeguati. Una puntuale slide dal Congresso Nazionale SIMEUP del marzo 2014, realizzata da S.Renna e D. Pirlo del DEA pediatrico dell’Istituto Scientifico G. Gaslini di Genova aiuta a capire come comportarsi:


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