Il lampo, il rumore del crollo, le urla: 85 morti e 200 persone da salvare in poco tempo. Ripercorriamo la strage di Bologna dal punto di vista dei soccorritori.
Di quella mattina, di quel 2 agosto 1980, abbiamo tutti in mente l’orologio bloccato sulle 10:25 e l’immagine di mezza stazione ferroviaria trasformata in macerie. Il simbolo di quella giornata – quasi un antesignano dei moderni PMA – è l’autobus 37, che da un anno è tornato a viaggiare in manifestazione per simboleggiare il terribile e pesante carico che ha dovuto trasportare dal cuore della città fino all’obitorio. Decine e decine di viaggi per portare via i corpi dei deceduti sotto il colpo ignobile del terrorismo interno.
Il 2 agosto del 1980 però Bologna ha reagito con un sistema di emergenza capace di mobilitarsi in massa per aiutare le persone in difficoltà. L’autobus 37 è sicuramente stato un tassello fondamentale di una macchina del soccorso che non era ancora organizzata, ma che ha funzionato con logica ed efficacia. Le ambulanze sono state lasciate libere dal peso del trasporto dei morti, per assistere al meglio i feriti.
Fra le persone che hanno partecipato in quei momenti tragici al soccorso c’era il dottor Stefano Badiali. E’ fra i primi ad arrivare sul luogo dell’esplosione. Un’esplosione tremenda: 23 chili di tritolo e nitroglicerina, nascosti in una valigia nella sala d’aspetto di prima classe. Sul primo binario c’era un treno straordinario, il 13534 diretto a Basilea. Il crollo delle pareti della sala d’aspetto e di parte delle pensiline uccide sul colpo 85 persone e seppellisce più di 200 persone che hanno bisogno di aiuto, subito.
Badiali – come racconta un articolo di Panorama – nei primi minuti dopo lo scoppio si trova in Comune a Bologna. Subito viene attivato il CePIS, il centro di coordinamento delle ambulanze dell’ospedale Maggiore, attivo dal 1974. Dal centro confermano la situazione, tutte le ambulanze libere della città vengono dirottate su Piazzale Medaglia d’Oro.
I primi medici sul posto arrivano dal centro traumatologico della USL 27, che si trova a poca distanza. Tutti vengono sconvolti dall’inferno che si apre di fronte ai loro occhi. L’inizio dei soccorsi è difficile: il contesto è pericoloso, drammatico. Vengono individuati per primi alcune persone decedute, ma l’obbligo è capire se ci sono feriti salvabili, da portare immediatamente al policlinico Sant’Orsola e all’ospedale Bellaria. In Pronto Soccorso nel frattempo è una bolgia dove bisogna far fronte ad una ondata massiccia di feriti e persone sotto shock.
Bisogna ricordare che sulle ambulanze degli anni ’80 i farmaci e i trattamenti disponibili erano pochi. Si opta subito per effettuare i trasporti scoop and run. I soccorritori, gli infermieri, i soccorritori volontari e i cosiddetti “lettighieri”, nel frattempo, scavano fra le macerie per individuare feriti. I morti vengono tutti dirottati verso un punto di raccolta, sul tristemente famoso autobus 37. Una delle ultime donne salvate viene estratta dalle macerie della tavola calda un’ora e mezza dopo lo scoppio della bomba.
Fra gli infermieri che hanno operato per primi c’è stato anche Marco Vigna, una delle colonne del 118 di Bologna. Vigna ha maturato una lunga esperienza già da volontario sulle ambulanze della città di Bologna. Una città di Bologna che – nel 1980 – non aveva ovviamente un numero unico, ma ogni associazione di volontariato si trovava nella condizione di rispondere con il proprio centralino alle chiamate in arrivo, dirottando le ambulanze dove venivano richieste. Tutta questa parcellizzazione aveva reso difficile il lavoro del centro unico CePIS, che dimostra la sua preziosa importanza proprio nell’evento di Bologna. Solo il CePIS aveva un sistema radio indipendente per avvisare i mezzi sul territorio, e un sistema elettronico (diciamo un pre-computer) per conoscere la situazione dei posti letto dei Pronto Soccorso e dei reparti.
Vigna nel 1979 diventa coordinatore del CePIS insieme a Lino Nardozzi, e dà il via al rinnovamento del sistema. Anche Vigna, la mattina del 2 agosto 1980, è in un’ufficio pubblico. Si precipita in stazione dove si rende conto della gravità della situazione. Da più di un anno Vigna aveva iniziato lo studio dei sistemi di emergenza stranieri, e l’imposizione della razionalizzazione dell’uso delle comunicazioni radio permettono di lavorare in condivisione con tutte le realtà di soccorso. Oltre alle ambulanze viene inviata sul posto posto una vettura con funzione di ponte radio per lo smistamento dei mezzi di soccorso. Una sorta di antesignano dei contemporanei centri operativi distaccati.
Avendo al CePIS un tracciamento dei posti letto disponibili permette di comunicare in via univoca con il luogo del disastro. Contando la situazione dell’epoca – e il fatto che ad un certo punto l’apparato radio (sotto l’immane stress) si blocca – è un vero miracolo organizzativo quello che si è venuto a creare a Bologna. Più di 200 persone vengono direzionate fra i vari centri, fra questi ci sono 50 politraumatizzati gravi che non avrebbero superato il rischio di finire nell’ospedale sbagliato. L’uso di un sistema di comunicazione unificato inoltre permette di mettere a frutto anche le auto dei Carabinieri e dei Vigili del Fuoco, e in alcuni casi anche dei civili che prestarono la propria opera lì, in quel momento.
Senza alcun dubbio, anche la scelta di fare un triage drastico ma immediato ha cambiato l’esito dei soccorsi. Usando l’autobus 37 come punto di appoggio per i decessi. “Abbiamo iniziato a trasportare sull’autobus i corpi per tenere libere le ambulanze, a disposizione di chi era ancora vivo” racconta l’autista del mezzo, Egide Melloni. “Ho fatto tanti viaggi quel giorno. Ero il proseguimento di chi scavava. Su quell’autobus ho vissuto le ore più tragiche e più piene della mia vita, ma anche piene di senso”.
Dopo la strage di Bologna il soccorso in Italia ha cambiato il suo percorso. Bologna, a novembre, aprì la centrale “Bologna Soccorso”. E l’Italia, grazie anche al contributo di Marco Vigna e di altri medici ed infermieri, specializzati in area critica extra-ospedaliera, costruirono le basi del 118 moderno.