Una delle professioni di massima realizzazione e completezza nel mondo sanitario sta vivendo una crisi senza precedenti. Perché? Responsabilità, mancanza di riposi, eccesso di stress, stipendi non più elevati e la convinzione che all’estero, comunque, sia un lavoro molto più tutelato. E’ davvero così?
La fine della pandemia covid-19 è un enorme problema per la sanità pubblica. Sembra un controsenso, ma i numeri dicono proprio questo. Se fino ad oggi l’emorragia di professionisti verso la meritata pensione è stata bloccata dalla necessità di avere medici di emergenza-urgenza preparati in corsia, da dicembre la situazione potrebbe diventare seriamente drammatica. Con molti precettati che hanno lavorato ben oltre i limiti imposti per godere della previdenza, con molti infermieri che sono stati dislocati in reparti dove non vorrebbero lavorare, la situazione è a rischio in molte regioni d’Italia. I dati ANAAO proiettati al 2025, in fase di revisione, potrebbero essere ben peggiori di quanto si creda. In teoria dovrebbero uscire dalle scuole di specializzazione almeno 1962 medici formati, con un fabbisogno stimato dal SSN di 1471 posti. La realtà è che nel 2016 gli specialisti attivi nei Pronto Soccorso erano 11107, e la stima di pensionamenti entro il 2025 è di 5652 unità.
Mancano all’appello 4180 medici di emergenza-urgenza
Fra tutte le categorie mediche, la specializzazione che ha maggiore carenza è proprio questa. Senza andare al -489 degli ortopedici anche la sola pediatria, seconda nella classifica, ha numeri di gran lunga più bassi (-3323). Secondo ANAAO ed ASSOMED la necessità sono le classiche: sbloccare il turnover, aumentare il finanziamento per le assunzioni, incrementare i contratti e riformare il contratto di formazione-lavoro. Il sistema universitario-ospedaliero è fermo ad una situazione di ormai 40 anni fa, con un impianto legislativo che blocca l’accesso alla professione da parte degli studenti. Ma poi, ai concorsi, si presentano davvero i medici attesi?
Bandi di assunzione deserti, da Torino a Palermo
Termoli, La Spezia, Torino, Parma ma potremmo andare avanti con un elenco di città infinito: i bandi di concorso per medici (e per infermieri) che vanno deserti è impressionante. In Trentino, una delle provincie più ricche e a livello sanitario avanzate, l’azienda fatica a coprire gli incarichi estivi. Concorsi per 14 medici con un solo concorrente, gettonisti indisponibili che piuttosto di trovarsi in ospedali periferici a fare lavoro doppio rinunciano all’incarico. Inoltre, ormai le ore di straordinario e di ferie sono un sogno per molti dei professionisti italiani. A maggio 2021 ANAAO ha segnalato che più di 5 milioni di giornate di ferie arretrate e 10 milioni di ore di lavoro sono state erogate senza essere pagate e senza essere godute.
Ultima ma non per ordine di importanza la “moda” sempre più sfruttata di assegnare guardia medica e automedica in combinata allo stesso professionista. Una soluzione per coprire gli ospedali e le postazioni più remote di Appennino e Alpi, di zone con pochissimi pazienti, ma dove sganciare un medico significa scoprire un ambulatorio e – di conseguenza – rischiare grosso in caso di complicazioni.
La concorrenza delle specializzazioni estere
Fosse solo per questo, qualche “santo” che sceglie una professione sanitaria così impegnativa come il medico di emergenza-urgenza o l’infermiere di area critica ci sarebbe ancora. Ma non facciamo i conti con una realtà molto competitiva: l’estero. Si perché in Germania oggi ci sono 40.000 chirurghi e 26.000 anestesisti, con un tasso di crescita costante. A livello generale ogni anno in Germania si assumono circa 4.000 medici dall’estero, e il tasso di medici sotto i 35 anni che operano in Pronto soccorso ha superato il 19%. Nel 2022 la Germania sfonderà il muro dei 60.000 medici non tedeschi nei propri nosocomi. La stessa Gran Bretagna, oggi fuori dall’Unione Europea, ha assunto al 2019 22.280 medici non inglesi, laureati in Europa. Un numero più basso del record del 2014 (quando furono 23,792) ma comunque in crescita. E ci sono realtà dove si opera con strumentazioni e staff decisamente più competitivi di quelli italiani: Danimarca, Svezia, Repubblica Ceca, Polonia stanno iniziando a fare concorrenza anche ai paesi del sud Europa.
Con questi dati, una riforma del settore sanitario pare ormai una questione di tempo. Ma fra le domande da porsi ce ne sono alcune che davvero dovrebbero tormentare i nostri politici e nostri dirigenti sanitari: con una carenza così grande di personale nel mondo dell’emergenza-urgenza, possiamo pensare ad un settore extra-ospedaliero e 118 dotato di medici specializzati in ogni ambulanza?