A Riva del Garda la Dottoressa Roberta Petrino, Past President EUSEM, ha parlato delle strade necessarie per tornare a rendere il lavoro del medico di emergenza-urgenza affascinante: “Non serve tempo libero, bisogna inglobare nel tempo di lavoro anche il tempo di studio e di redazione degli articoli”.

“L’aggiornamento è fondamentale”. Chissà quante volte è stata spesa questa frase, durante inaugurazioni e tagli di nastri. Aggiornamento di macchinari, di dispositivi, di strutture. Ma per l’aggiornamento della mentalità, delle procedure e per gli studi su quanto viene fatto dal proprio personale operante in sanità, poco o nulla è stato messo in campo. 

Oggi la produzione di articoli scientifici per il settore dell’emergenza pre-ospedaliera, in Italia, è ai minimi termini rispetto a ciò che avviene in altre realtà occidentali come Svizzera, Inghilterra o pesi scandinavi. Mentalità diverse? Forse. Ma scavando con le domande, la realtà che emerge è un’altra. Quante ore sono state preservate nella normale attività di un medico di emergenza-urgenza all’analisi dei dati e dei case report? Le banche dati dei nostri Pronto Soccorso sono sicuramente ricche di statistiche e di informazioni interessanti, ma quanto di questo prodotto grezzo è stato lavorato? Ecco che a Riva del Garda, durante il Congresso dell’Emergenza-Urgenza, anche il tema della formazione e dell’analisi delle prestazioni è stato messo sotto la lente di ingrandimento. Per un motivo semplice: senza dati, senza analisi, non si possono scegliere strade migliori.

Il punto di vista di Roberta Petrino, Past-President EUSEM

Di questo aspetto fondamentale ha parlato la Dottoressa Roberta Petrino, medico di emergenza-urgenza, responsabile del PS di Vercelli e past-president della rete europea di medicina di Emergenza EUSEM. “Se c’è una cosa fondamentale per crescere e migliorare è il tempo dedicato alla propria formazione. Qui a Riva c’è stato un grande confronto sul 118, che è in una fase storica di rinnovamento. E’ stato un bel meeting ed è stato firmato un documento storico come la Carta di Riva” spiega la dottoressa Petrino. “A dispetto di quello che si dice spesso, ovvero che si litiga fra anestesisti e urgentisti, o fra medici e infermieri, qui c’è stata la prova che attorno allo stesso tavolo, tutti gli attori che lavorano nel 118 possono trovare soluzioni per il futuro dell’emergenza extra-ospedaliera. Abbiamo sottoscritto un documento che ci serve per sfruttare meglio le risorse che abbiamo, e per chiedere più risorse dove servono. Da qui possiamo finalmente guardare anche verso il modo di lavorare degli altri paesi europei. Perché si fanno cose diverse, in Europa: gli infermieri, i tecnici non medici, in Europa sono professionisti di altissima preparazione e competenza che possono mettere a disposizione del paziente le proprie qualità. Tutto questo deve essere riconosciuto anche nel nostro paese”. 

Il riconoscimento però potrebbe non bastare: c’è il problema della mancanza di professionisti

“Si, è vero. Abbiamo poco tempo perché negli ultimi mesi c’è stato un vicariato continuo: gli infermieri hanno vicariato i medici, i neolaureati hanno vicariato gli specialisti, ma non si può andare avanti su questa strada. Il sistema si frantuma, i giovani non accettano più borse di studio perché vengono spaventati dal sistema di emergenza-urgenza. E questo avviene perché il computo del personale necessario è fatto banalmente sul numero di turni da assegnare. Così, i medici lavorano H24 365 giorni l’anno facendo fronte in numero limitato a urgenze contingenti o alla pandemia. E badiamo bene, questo problema non finirà con la fine del covid-19. Gli organici non possono essere calcolati sui turni, ma vanno contemplati gli imprevisti, va contemplata la compensazione per chi lavora come un pazzo ma poi non può godere di ferie o permessi. E’ necessario proteggere il tempo dei dei medici, che devono poter fare anche cose per crescere come professionisti. Non sto parlando di avere più tempo libero, ma di avere tempo per accrescere il proprio bagaglio professionale e per studiare i dati che emergono dai nostri database. In Europa c’è un forte rispetto per il lavoro e per il tempo dedicato allo studio e alla valutazione di ciò che è stato fatto. Il professionista nord-europeo generalmente trova nel suo piano operativo sia il tempo per il lavoro che il tempo per la formazione. Questo è un problema enorme che va discusso”.