E’ iniziata una settimana di riflessioni e festeggiamenti sul grande lavoro che viene svolto ogni minuto dagli equipaggi di emergenza pre-ospedaliera. Ma cosa dovremmo augurarci da qui in avanti? Le parole d’ordine usate a Roma: integrazione, qualità e miglioramento.
ROMA – Per noi di Rescue Press sono state 48 ore davvero intense, quelle vissute a Roma. Ora che siamo tornati tutti a casa, che abbiamo salutato e ringraziato il grandissimo lavoro fatto dagli amici di SIIET, SIEMS, ANPAS, Croce Rossa Italiana, Misericordie d’Italia ed SOS Emergenza (che sono stati fondamentali per la coordinazione multimediale di questo evento) dobbiamo iniziare a mettere nero su bianco le cose bellissime e le riflessioni che scaturiscono da ciò che abbiamo visto.
Migliaia di persone in piazza, milioni di ore dedicate al 118
Quando abbiamo visto la marea gialla, rossa e arancione entrare in viale della Conciliazione ci siamo emozionati. Quelle 2.500 persone non rappresentavano solo gli operatori del 118, ma un’idea di sacrificio e di devozione verso il prossimo. Medici, infermieri, volontari, tecnici e forze che con il 118 lavorano tutti i giorni si sono ritrovate insieme per una manifestazione che è stata bella, oltre ogni oggettiva critica organizzativa possibile.Si poteva fare meglio? Si potevano dare messaggi migliori? Oggettivamente, no. Il 118 che si è visto in piazza ha rappresentato tutte le regioni italiane, con le proprie peculiarità, differenze e distinguo. L’obiettivo è stato quello di trovare un punto veramente unico di equilibrio e questo equilibrio è nella devozione per il paziente, che unisce i centodiciottisti al di là delle competenze.
Cosa c’è da festeggiare, dopo trent’anni di difficoltà?
In molti, prima della festa, hanno sollevato tanti dubbi sul 118 e sulle cose da “festeggiare”. Il primo rilievo è legato al fatto che il 118 non è un’entità unica sul territorio italiano. Non siamo i Vigili del Fuoco. Non siamo la Protezione Civile. Siamo in balia di decisioni politiche e sanitarie che afferiscono singole Regioni, se non singole aziende sanitarie locali. Ecco cosa c’è da festeggiare: nonostante queste difficoltà, oggi c’è un documento che cerca di portare su tutte le ambulanze medici, infermieri, autisti e soccorritori volontari con determinate competenze, integrate, valutate (e pagate) nel modo più corretto possibile. Competenze che – inoltre – possono essere misurate.
Misurare le prestazioni per capire quanto si spende
Questa festa – e la settimana di eventi che da qui in avanti arriveranno – sono il punto di partenza per arrivare a misurare come stiamo spendendo i soldi dei cittadini nel servizio pre-ospedaliero. Perché dobbiamo capire bene in cosa stiamo spendendo soldi. Per quali motivi e per quali prestazioni stiamo pagando il 118. Solo chi non vuole mollare prerogative e privilegi, oggi, evita il confronto e denigra il miglioramento. Perché durante il trentennale del 118 nessuno ha mai parlato di “cambiare il sistema”. In Campania – per dire – non si può applicare il modello dell’Emilia-Romagna. Lo dicono i numeri dei volontari presenti, degli infermieri presenti e dei medici specializzati presenti. Così come in Calabria non si può applicare il modello alto-atesino. Perché non ci sono né la cultura del volontariato, né le strutture logistiche ideali. Bisogna però integrare i sistemi, fare in modo che esistano dei parametri per misurare e valutare le prestazioni, uniformando ciò che viene erogato in ogni realtà non solo dal punto di vista dei minuti di intervento. Perché i secondi contano, ma come si “spendono” anche di più.
Ringraziamo per le foto realizzate durante il trentennale SOS Emergenza, Fiammeblu, ANPAS, Croce Rossa, Misericordie e AREU
Capire le prestazioni, adeguandole a ciò che ci circonda
Infine, cerchiamo di capirci su un punto. Il 118 da solo non sarebbe capace di garantire la sopravvivenza nemmeno dell’1% degli arresti cardiaci improvvisi se non ci fossero i volontari. E questa affermazione che sicuramente farà arrabbiare qualche medico e qualche infermiere, è frutto di una banale valutazione di come funziona la catena del soccorso. Oggi il servizio pubblico non ha i mezzi per garantire sotto ogni campanile del nostro complessissimo territorio un defibrillatore, figurarsi un’intera ambulanza con equipaggio ALS. Il volontariato è stato, è, e sarà una colonna basilare del servizio 118. Ma il volontariato funziona solo se al suo fianco si abbraccia con la figura dell’infermiere di area critica e con quella del medico di 118: MEU, A-R, MET qualificato… non è tanto una questione di titolo di studio, quanto di integrazione e di efficace modello di lavoro che faccia diventare la barella un’anticipazione del letto d’ospedale. Non per il trattamento che viene effettuato, ma per la capacità del sistema di riconoscere le informazioni e i trattamenti effettuati da team BLS, ILS e ALS come prodromi del trattamento da effettuare in Pronto Soccorso.
Spendere meglio, o meglio: sapere per cosa si spende
Per questo motivo le polemiche sul volontariato, sugli infermieri, sugli autisti-soccorritori, sui medici, sono solo un mezzo usato fino ad oggi per dividere e imperare. Si, ci sono i volontari in nero. Si, ci sono le cooperative che schiavizzano gli infermieri. Si, ci sono Pronto Soccorso e 118 che si affidano a medici a cottimo, in deroga anche ai corsi MET. Si, ci sono Regioni che pagano i volontari a cottimo. Ma ci siamo soffermati sul perché questo avviene? Perché il 118 è così tanto debole in queste realtà? La paura di dover spiegare perché si sono sforati i bilanci ha fatto piegare il mento a tanti politici e dirigenti sanitari. Il fuoco di un collasso sanitario magari ha per adesso risparmiato i 118 di determinate realtà, ma per questo nessuno è assolto, ma anzi è protagonista di un sistema che va rifondato a livello nazionale.
Per farlo bisogna di certo iniziare a festeggiare i trent’anni di un servizio che ha dato un volto univoco all’emergenza pre-ospedaliera. E ringraziare chi lo ha reso possibile, da Marco Vigna in poi. Ma, adesso, deve anche essere tracciata una strada univoca che renda il 118 un sistema al pari dei Vigili del Fuoco e delle Forze dell’Ordine per capacità e modalità di integrazione fra forze rispetto al futuro, che si chiama 112.
Bisogna andare avanti. E c’è un programma che questa settimana dirà a tutti gli italiani, in tantissime piazze, che il 118 c’è, è forte, e può dare tantissimo per la salute di ogni singolo cittadino italiano.