Nei webinar della Academy di Rescue Press sono stati affrontati i principali temi che possono incrementare l’efficacia della cardioprotezione in Italia. Ecco cosa hanno detto i protagonisti.

Non basta comprare un defibrillatore per fare cardioprotezione di un luogo. Il dispositivo salvavita – facile ormai da usare come un banale elettrodomestico – da solo non può risolvere gli arresti cardiaci extra-ospedalieri che affliggono 70.000 persone in Italia ogni anno. Certo, installarli nel modo giusto (telecontrollati per sapere se funzionano, geolocalizzati perché siano sempre disponibili, e protetti nel modo giusto perché non siano rovinati dalle intemperie) è fondamentale, ma lo è anche far sapere della loro presenza a tutti. Ma come si convincono le persone che la catena della sopravvivenza è fondamentale? Sulla Academy di Rescue Press abbiamo parlato insieme ad alcuni dei maggiori esperti italiani dei problemi pratici, quelli che riguardano l’installazione dei DAE e la formazione dei soccorritori e degli astanti alle manovre di massaggio cardiaco e disostruzione.

Attenzione alle innovazioni tecnologiche: il potere dei defibrillatori

Le grandi innovazioni che hanno cambiato il settore nel 2021 (soprattutto con la legge Mulè, la 116/2021 defibrillatori salva-vita) stanno iniziando a dare i propri frutti. E’ di questi giorni la notizia di un bando di concorso per l’acquisto da parte della Pubblica Amministrazione di ben 7.000 defibrillatori da assegnare all’Arma dei Carabinieri e alla Guardia di Finanza. Ma questo bando purtroppo non sembra al momento fare attenzione alle innovazioni tecnologiche e alle raccomandazioni legislative che vorrebbero rendere cardioprotetti e telecontrollati tutti i nuovi punti di accesso alla defibrillazione. “Il primo bando uscito – spiega Simone Madiai di EMD112 – chiede specifiche tecniche estremamente semplici. Non si parla di telecontrollo, non si fa differenza sulle teche di esposizione fra quelle per interno e quelle per l’esterno. Insomma, chi ha investito molto per restare in linea con i parametri medicali indicati dalla FDA americana e dal nuovo MDR europeo rischia di essere tagliato fuori per colpa del costo dei propri device, visto che l’assegnazione sarà al massimo ribasso”. Un appello quindi affinché anche la qualità dei defibrillatori sia tenuta in conto nella selezione, soprattutto sui bandi pubblici dove si faranno acquisti ingenti e saranno a disposizione di tutti: il rischio di affidarsi ad un fornitore non radicato o strutturato potrebbe ridurre il ciclo di vita dei DAE, che può essere di 8 o 10 anni.

I progetti sulle città: da Piacenza a Torino nel segno dei bambini

Anche perché i dati presentati da Marcello Segre, presidente della Associazione Cuore e Rianimazione, dicono chiaramente che dove si è investito su qualità e formazione i risultati si sono visti e sono stati alti: “L’esempio di Piacenza è un faro da seguire. La dottoressa Aschieri ci ha ispirato per fare lo stesso lavoro a Torino, e in 6 anni abbiamo installato 600 defibrillatori. E’ un lavoro importante, per coprire e mappare tutto il territorio. Ma attenzione: la mappatura dei DAE deve essere comune a tutta Italia, così come la formazione e la possibilità di usare i DAE. Togliere i patentini, togliere i lacci e i laccetti amministrativi per i soccorritori, e diffondere di più i grandi vantaggi che ci sono nel cardioproteggere. Le donazioni dalle aziende, per esempio, sono un ottimo strumento per spingere verso la diffusione dei DAE. Così come i corsi nelle scuole. Lavorare nei centri estivi con i bambini insegnando a chi ha 7 anni ad effettuare la defibrillazione è splendido e ci porterà in futuro ad avere nuovi cittadini consapevoli che l’arresto cardiaco improvviso è una patologia con una mortalità che può essere drasticamente ridotta”.

La formazione dei cittadini: chi salva una vita salva il mondo intero

Proprio la formazione è un grande tema di questi giorni, che ha affrontato Marco Squicciarini: “Ci siamo posti tanti obiettivi con la nuova legge Mulè, e dobbiamo seguirli partendo dall’insegnamento. Parliamo di chi si salva, riduciamo le morti evitabili iniziando dalla disostruzione, dalla prevenzione delle cause di arresto cardiaco. Spesso sentiamo le scuole dove gli insegnanti non sanno fare disostruzione e lì dobbiamo intervenire con l’educazione, affinché il DAE non sia solo una macchina lasciata in un cassetto, ma ci siano attorno persone che lo sappiano usare quando serve. Per noi – che con la Squicciarini Rescue ci occupiamo di formazione in grandi aziende e abbiamo più di 500 trainer certificati – è fondamentale dare un servizio alla popolazione che possa poi ricordare bene ciò che ha imparato. Per questo motivo abbiamo dedicato grande attenzione ai materiali che rimangono al discente: il nostro kit di primo soccorso per esempio ha una serie di poster, di strumenti per controllare la dimensione del cibo, e libri per raccontare la straordinaria esperienza di chi salva la vita. Storie che non possiamo dimenticare e dobbiamo ogni giorno cercare di evitare finali tragici”.

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Lo stato dell’arte nella Regione più grande e telecontrollata: la Lombardia

I dati degli interventi in Italia da parte dei cittadini – i cosiddetti astanti – sono ancora purtroppo bassi. “Rispetto a realtà come Olanda e Danimarca – ha spiegato ancora Squicciarini – siamo ad un inizio di massaggio attorno al 4%, contro il 56% dell’Olanda”. Ma si può migliorare molto seguendo questa strada: “In Lombardia – ha spiegato poi il responsabile della formazione di AREU, Stefano Sironi – dal 2010 abbiamo seguito la filosofia che impongono American Heart Association e Italian Resuscitation Council, le due massime autorità in tema di formazione BLSD. E i risultati si vedono: siamo riusciti a tracciare più di 15.000 defibrillatori su tutto il territorio della Regione. Abbiamo formato ormai più di 255.000 operatori BLSD. E la rianimazione iniziata dagli astanti – anche sulle fondamentali istruzioni da centrale operativa – è arrivata al 43%”. A fianco di questo lavoro certosino, AREU ha insistito molto anche sul mass-training: “Lavorare sugli studenti, sui grandi gruppi di persone è possibile anche andando oltre alla dimostrazione. Certificare come operatori BLSD 1.000 persone in un corso di 5 ore è possibile, e lo abbiamo fatto sul Circuito di Monza, in Piazza Duomo e in altre occasioni. Io credo e spero che l’esempio di Regione Lombardia possa spingere altre realtà a fare altrettanto, se non meglio. Sarebbe bellissimo perché stiamo parlando di insegnare a salvare la vita delle persone”.

Il ruolo dei comuni e delle amministrazioni pubbliche

Un protagonista che si cita sempre troppo poco però, nella cardioprotezione, è invece l’amministratore pubblico. L’ente comunale, in particolare, è spesso al centro del tema della sicurezza. Oggi con la nuova legge sarà costretto a dotarsi di più defibrillatori, ma ormai non sembra questo il problema: “Oggi il tema non è che mancano le macchine, di sedi comunali senza defibrillatore non credo ne esista più alcuna – spiega il delegato ANCI alla Protezione Civile Paolo Masetti – ma di amministrazioni comunali con progetti di cardioprotezione del territorio credo invece ne esistano ancora pochi. Questo tema rientra nella filosofia della prevenzione, che come delegato di Protezione Civile conosco e sostengo al massimo. Prevenire significa usare risorse per evitare di spenderne il doppio o il triplo dopo che l’evento grave si è verificato. Bene: pensiamo solo al lato sanitario di una persona che colta da arresto cardiaco. Se non viene soccorsa in tempo, ma poi si salva e torna a casa con menomazioni fisiche importanti,  il sistema amministrativo e sanitario deve spendere molto di più per garantirgli una vita adeguata. Questa è una delle cose – non la più importante – che bisogna tenere in conto. Fare progetti di cardioprotezione significa quindi non solo mettere un DAE, ma insegnare alla popolazione a fare il massaggio cardiaco, a chiamare il 112/118 nel modo giusto, e soprattutto a non restare in passiva attesa. Formare le persone al primo soccorso fa si che il cittadino non rimanga in attesa di qualcosa calato dall’alto, ma diventa parte attiva. E’ una delle basi dell’idea di Protezione Civile e bisogna seminare molto perché i frutti vengano colti da tutti”. Seminare proprio come è stato fatto dall’Associazione dei Comuni Bresciani: “noi con più di 200 comuni che ci seguono abbiamo lavorato per cardioproteggere ogni area, e abbiamo voluto sostenere molto le amministrazioni comunali affinché si dotassero di defibrillatori ovunque. Abbiamo fatto un modulo di formazione di Protezione Civile e degli operatori comunali con un modulo formativo BLSD creato insieme agli operatori 118 di Brescia. 4.400 volontari sono stati formati al BLSD in modo gratuito. E poi abbiamo deciso di continuare a fare questa formazione anche sul pubblico. Si può fare, si deve fare formazione e installazione di DAE. La rete è importante perché dalla rete non deve sfuggire nessuno, ma si deve sostenere insieme, uno con l’altro, perché così i risultati si possono avere”.