Cosa rischia un soccorritore che valuta un paziente come non trasportabile? Che valore ha il rifiuto del trasporto? Abbiamo approfondito la sentenza di cui tutti parlano, che chiarisce il rischio penale per il soccorritore laico…
La domanda del titolo, “il soccorritore può rifiutare il trasporto ad un paziente?” trova una sola risposta possibile: NO. Nessun soccorritore laico (volontario o dipendente) può decidere in autonomia se trasportare o meno un paziente in Pronto Soccorso, dopo una chiamata al 118. Detto questo, andiamo a vedere cosa significa e come funziona il procedimento di accettazione o rifiuto del trasporto, perché nonostante ci siano sentenze anche pesanti (omicidio colposo) a carico dei soccorritori, è bene capire dove sono le responsabilità in questo delicato momento storico, in cui i Pronto Soccorso sono gravati da un super afflusso di pazienti, e dove la rete territoriale dei medici non risponde in modo adeguato.
La storia: un dolore addominale poco chiaro
Pochi giorni fa la quarta sezione penale della Corte di Cassazione ha condannato per omicidio colposo il soccorritore capo-squadra di un servizio 118 della Provincia Autonoma di Bolzano perché aveva rifiutato il trasporto in Pronto Soccorso ad un paziente. La storia è molto chiara: il paziente che accusava dolore addominale aveva chiamato tramite una familiare il numero di emergenza. L’operatore del 112 aveva seguito telefonicamente l’intervento, disponendo l’invio di un’ambulanza in codice giallo. Sul posto però, il soccorritore che guidava l’equipaggio – un dipendente della locale associazione di volontariato che non aveva né la qualifica di infermiere né quella di medico – ha escluso la necessità di un trasporto in Pronto Soccorso, informando della decisione l’operatore di centrale operativa. Secondo la ricostruzione fattuale e giudiziaria della vicenda, il soccorritore avrebbe consigliato di rivolgersi al medico di base, e avrebbe ignorato la volontà del paziente e dei suoi familiari. In primo grado la condanna era stata di omicidio colposo: 6 mesi di reclusione al capo squadra soccorritore e 4 mesi al centralinista del 118 – ora 112 – che aveva gestito la chiamata. La donna infatti è deceduta il giorno dopo, in casa, con il decesso constatato dal 118 giunto nuovamente sul posto su una seconda chiamata della figlia.
L’iter processuale: come avviene una condanna per mancato trasporto in Pronto Soccorso?
L’iter processuale di questo caso è stato molto semplice e vede in corso di svolgimento la parte civile. Si, perché oltre alla condanna penale, la famiglia della vittima ha chiesto un risarcimento per il danno subito. In questo caso specifico, il soccorritore che è responsabile di un’azione e non la svolge, va incontro a numerosi rischi. I processi in questo ambito sono molto chiari e molto semplici, perché si basano sul reato di omicidio colposo. Dopo la condanna, e la conferma della condanna in Appello, il ricorrente ha effettuato ricorso in Cassazione, che lo ha respinto per motivi chiari:
- Il soccorritore di base, pur lamentando di non essere stato informato correttamente dai familiari dello stato di salute della paziente, era in possesso di una modesta formazione sanitaria. Non era né medico né infermiere ed ha assunto solo parzialmente i parametri vitali. Inoltre, superando le sue competenze, aveva effettuato in presenza dei familiari una diagnosi di virus intestinale;
- I familiari non solo avevano richiesto il trasporto ospedaliero (che la Corte di Cassazione ritiene potesse essere una soluzione salvifica per la donna) ma avevano anche evitato di formalizzare qualsiasi rifiuto di trasporto;
- In più, la negligenza del soccorritore è stata considerata colposa perché l’intervento era stato preceduto da una telefonata fra i familiari e la guardia medica, che con le indicazioni ricevute aveva raccomandato di chiamare l’autoambulanza per procedere ad un ricovero d’urgenza. Questa informazione è diventata problematica anche per l’operatore del 118.
Responsabilità, attenzione e precauzione: quali principi devono guidare il soccorritore in queste decisioni?
In una situazione simile, qualsiasi soccorritore che non sia medico non può rifiutare il trasporto in Pronto Soccorso di un paziente. A meno che l’indicazione di evitare il trasporto non arrivi direttamente da un operatore sanitario che è presente in Centrale Operativa. Nelle sei pagine della sentenza è spiegato in maniera molto chiara: Il soccorritore diligente ha l’obbligo di attivarsi ed effettuare un soccorso di fronte a indicazioni chiare di personale più formato e più competente, come la Guardia Medica. Ma soprattutto, il soccorritore che non ha competenza medica non può superare i suoi limiti, e deve comunicare quanto più possibile con l’operatore di centrale per effettuare il servizio di urgenza nel migliore dei modi. Le cose cambiano a livello legale se il paziente firma il rifiuto del trasporto. Attenzione però: le ricostruzioni possono essere molto importanti a livello probatorio, in questi casi. Il foglio per il rifiuto del trasporto è sempre bene che sia firmato e controfirmato da una persona sulla scena. E’ capitato in passato che il paziente – dopo il rifiuto del trasporto – sia morto e poi sia stato ritrovato senza vita dai parenti nei giorni successivi. In questi casi (dove sono intervenuti dei medici) la volontà del paziente è stata resa chiara sia dai registri del 118 che dalle ricostruzioni effettuate dai sanitari e dai soccorritori presenti sulla scena. Pur essendoci ancora dei processi in corso, se il rifiuto del trasporto è testimoniato i rischi legali connessi a un decesso risultano ridotti.
Quando si può rifiutare il trasporto, dunque?
Esistono delle fattispecie in cui il trasporto sanitario può essere rifiutato, ovviamente. Ma non è di competenza del soccorritore prendere tale decisione. Deve essere sempre la Centrale Operativa a decidere se è insussistente oppure no la chiamata del servizio. Oppure un medico se presente sulla scena. Al soccorritore di base rimane il compito di operare con diligenza, meticolosità e accuratezza nella rilevazione dei parametri e delle informazioni. La sua formazione deve essere finalizzata ad un corretto trasporto in Pronto Soccorso, quando richiesto.