Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta di ringraziamento per tutto il sistema di soccorso italiano. Un grazie che tocca tutta la catena del soccorso 112 e 118, una bella dose di energia positiva per continuare a fare un lavoro difficile ma che significa spesso moltissimo, per tante persone.
Mi chiamo Edoardo Decio, sono un uomo di 60 anni appena compiuti lo scorso ottobre. Da cinque mesi ho deciso, con mia moglie, di tornare nel mio luogo del cuore: Castione della Presolana, legato a ricordi di meravigliosi momenti di formazione, condivisione, amicizia. Proprio a Castione, per l’esattezza a Dorga, la mattina del 22 dicembre, mentre scendevo le scale per andare alla macchina in garage (pronto per andare a Brescia) ho improvvisamente iniziato a sentire un fortissimo dolore al petto, indomabile, implacabile, indicibilmente acuto.
“Sto malissimo, chiama subito il 112, ho bisogno di aiuto!”, sono riuscito a dire solo questo a mia moglie Susanna, non riuscendo a muovere il braccio, con il volto già coperto di un sudore gelido. Così, semplicemente così, è iniziata una mattinata che mi ha portato a “testare” sulla mia pelle la macchina dell’efficienza dei sistemi di emergenza sanitaria in Lombardia; nel giro di pochi minuti era sul posto, da Clusone, un’ambulanza del Corpo Volontari Presolana (colleghi che ringrazio infinitamente), che mi hanno subito applicato gli strumenti necessari al monitoraggio in tempo reale, dati trasmessi seduta stante alla centrale SOREU di Bergamo.
Essendo cosciente, non ho mai perso i sensi e non ho mai avuto l’arresto cardiaco, per fortuna, il personale dell’ambulanza (grazie a Christian Giudici, Matteo Teruzzi e agli due colleghi di cui purtroppo non ricordo il nome) mi ha subito “tranquillizzato”, compatibilmente con quello che era in atto, ovviamente. Nel giro di forse altri 5 minuti è arrivata anche l’Auto-Medica di Piario e, quasi in contemporanea, l’Elisoccorso; nell’arco di un 15/20 minuti la camera da letto in cui mi era trascinato per buttarmi sdraiato, sudato fradicio e dolorante, si era riempita di almeno 8 operatori di emergenza (tra medici, infermieri e soccorritori), uniti in una forza organizzata ed efficiente straordinaria.
Parallelamente alle cure fisiche per un intervento tempestivo di stabilizzazione, da tutti gli operatori, soccorritori e medici, ricevevo cure emotive straordinarie, ugualmente fondamentali in quei frangenti, fatte di parole di conforto da ognuno, a me e a mia moglie, là sulla porta della stanza, attonita e terrorizzata. Poi, la diagnosi, sospettata ma resa evidente dai tracciati dell’elettrocardiogramma che scriveva nero su bianco: “infarto del miocardio”. Da qui, tutto è stato ancora più rapido. Senza indugi, con un continuo e straordinario coordinamento di tutti mi hanno: caricato sulla barella (di quel momento ricordo la carezza al volto di mia moglie) sono stato portato alla zona di atterraggio dell’elisoccorso che mi ha trasportato all’Ospedale di Esine (valcamonica), dopo un volo di una quindicina di minuti.
Atterrati, sono stato preso in carico dal personale del Pronto Soccorso del presidio ospedaliero di Esine, proprio quello dove pochi giorni prima (da volontario del Corpo Volontari della Presolana) avevo trasportato un paziente con un collega per una visita: il destino… Preparato per la sala emergenza, nel giro di pochi minuti venivo trasferito nella sala di Emodinamica per un’intervento di angioplastica con cui mi hanno “liberato” una coronaria occlusa (si scoprirà poi che era la seconda a subire il processo di occlusione, l’altra era ed è completamente occlusa in modo cronico).
Dal momento della chiamata al 112 da casa, a quella sala di emodinamica, non è passata più di un’ora, e questa rapidità, questo concentrato di professionalità, efficienza, competenza e capacità, ne sono certo, ha fatto sì che i danni che pure ho riportato a livello cardiaco per l’infarto del miocardio anteriore, fossero “limitati”, in qualche modo, contenuti. L’esito sarebbe certamente stato diverso se i tempi si fossero dilatati di più! Dal pronto soccorso alla terapia intensiva coronarica il tragitto è stato breve; in terapia intensiva sono stato sempre monitorato, seguito in modo continuo ed eccellente e curato a vista da tutto il personale del reparto per 5 lunghi giorni (in intensiva il tempo è fuori dal tempo ordinario, non si può descrivere a parole).
Sono stato meravigliosamente colpito dall’atmosfera di efficienza e collaborazione che si respirava tra tutto il personale medico, infermieristico (nella varie specializzazioni) fino al personale che si occupava delle pulizie e dei pasti, là dentro, in quello stanzone diviso con porte automatiche dal resto del mondo, pieno di monitor e di bip. In intensiva ho passato vigilia di Natale, Natale e santo Stefano; giorni di festa per tutti tranne per chi sta male e per le persone, i professionisti, che se ne prendono cura. Ininterrottamente. Instancabilmente. Con sorrisi di incoraggiamento, fermezza negli interventi e tanta, tanta umanità.
Grazie!
Dopo l’intensiva, sono stato “ospite” del reparto di cardiologia, sempre dell’ospedale di Esine, in cui non ho potuto non continuare ad apprezzare la stessa professionalità, la medesima disponibilità di tutto il personale, cui mai è venuta meno la gentilezza e l’attenzione nei confronti miei e degli altri degenti: ho visto il personale passare nelle camere a osservarci con cura e attenzione, vegliando sul nostro sonno (non sempre facile quando si è ricoverati con monitor che blippano), li ho visti correre a verificare lo stato del paziente non appena un elettrodo si staccava dal corpo (essendo in cardiologia eravamo dotati di telemetria cardiaca) a seguito di un rilevato allarme. Una professionalità straordinaria e continua. Anche a voi, grazie!
Non posso non citare i momenti del giro visite dei medici, sempre approfondite, attente, con spiegazioni e approfondimenti continui e chiari. Grazie!
Persino gli esami successivi di approfondimento presso gli Spedali Civili di Brescia sono stati prescritti e organizzati dalla segreteria del primario dottor Madureri di Esine, programmati e fissati fattivamente nel giro di pochi giorni.
Cosa dire?
Questa è stata la mia esperienza sanitaria in un momento acuto, forte e improvviso: un misto di dolore personale ammorbidito dalla piacevolezza della scoperta di una realtà “pubblica” efficiente e professionale di ottimo, ma che dico, di eccellente livello.
E adesso qualche nome:
un ringraziamento davvero speciale voglio dedicarlo al team medico capitanato dal primario, dottor Alberto Madureri, e con lui le dottoresse Monica Gaiti e Mariangela Piazzani, il dottor Giuseppe Giacomarra e il dottor Armando Buonaccorsi. Altrettanto speciale, parimenti sentito, profondo un ringraziamento va a tutto il personale infermieristico di cui, purtroppo, ricordo solo alcuni nomi: Giulia, Karen, Elisabetta Simona.
A tutti coloro di cui, un po’ per l’età, un po’ per le condizioni in cui mi ritrovavo ad essere non ricordo il nome, voglio solo dire che ho i vostri visi impressi nella memoria, visiva ed emotiva.
Non vi ringrazierò mai abbastanza.
Ma inizio a farlo qui, così, e ovviamente… di cuore!!!
Edoardo Decio