Scatta l’allarme per le associazioni di volontariato, gravate da costi triplicati ma da convenzioni che non seguono l’andamento dell’inflazione. La crisi mette in ginocchio le associazioni, ma anche i volontari…
E’ un grande campanello d’allarme quello che suona leggendo i bilanci delle associazioni di volontariato di tutta Italia. Si chiama inflazione, e si sta tirando dietro diversi problemi, non solo quello del caro-benzina. Il primo grande gruppo di volontariato a parlare apertamente della crisi è la Confederazione delle Misericordie d’Italia, che con il suo Presidente Domenico Giani ha lanciato l’appello ad una maggiore attenzione verso i costi che il soccorso deve sostenere per far funzionare le ambulanze e la macchina delle emergenze: “Ci sono volontari che fanno il pieno ai mezzi di tasca loro – racconta Giani – e ci sono paesi che campano di volontariato. Se si ferma quello, si ferma una città. Purtroppo la Regione e il Governo non fanno abbastanza”.
Il primo allarme del volontariato pisano: ambulanze non sostenibili nei piccoli comuni
I primi segnali sono arrivati pochi giorni fa, con tutto il volontariato pisano che ha fatto fronte comune. Croce Rossa, Anpas e Misericordie Pisane hanno pubblicato una nota congiunta annunciando lo stop ai servizi di ambulanze meno sostenuti dai rimborsi pubblici. L’obiettivo era quello di parlare con l’Azienda USL Toscana nord-ovest perché nell’ottica di una ottimizzazione dei fondi, venivano riconosciuti rimborsi solo alle ambulanze ritenute necessarie, mentre la Regione Toscana richiede un mezzo disponibile in ogni comune con più di 1.000 abitanti. Ma poi il problema si è ingigantito, con la crisi della Pubblica Assistenza Litorale Pisano, e il crescere dei prezzi di carburanti ed energia elettrica. La piccola crepa, in pochi giorni, è diventata un’analisi della realtà che lascia davvero pochi margini all’interpretazione. Il volontariato ha bisogno di sostegno perché da solo – fino ad oggi – ha mantenuto postazioni attive che non sono sostenibili, a fronte di prezzi così alti. “Ogni giorno in Italia ci sono 800 Misericordie che assistono la popolazione più fragile, aiutando decine di migliaia di persone con servizi di emergenza e servizi sociali. Siamo un corpo intermedio della società e siamo un punto di riferimento per le persone fragili. Da parte delle Regioni e delle autorità chiediamo aiuti per i costi che sono aumentati tantissimo. Le associazioni che vivono del solo volontariato non riescono più a fare fronte a certe spese” conclude Giani.
Rimborsi bloccati dal 2001 e l’imperversare della concorrenza privata
Il trasporto sanitario per esempio – secondo le Misericordie – vede tariffe bloccate dal 2001. “Oggi quei rimborsi non sono più rispondenti ai costi che dobbiamo affrontare”. Oltre alla crisi energetica si somma a tutto questo il vincolo di bilancio e di patrimonio che la riforma del terzo settore impone alle associazioni. Nessuno può più permettersi bilanci in deficit, con il rischio di liquidazione e il default del volontariato. Un appello condiviso anche in Emilia-Romagna, dove è partito l’appello perché la riforma e le procedure burocratiche per entrare nel Registro Unico del Terzo Settore vengano semplificate. Tempi che rallentano le reti associative, regole che aumentano i costi per la necessità di professionisti sempre meglio formati nelle pratiche amministrative. Insomma: una tempesta perfetta che rischia di davvero, dopo molto tempo, di segnare il mondo del volontariato profondamente. Un mondo che – nonostante il pronunciamento della Corte di Giustizia Europea a loro favore – fatica a controbattere alle tante cooperative e realtà para-solidaristiche che da anni sono entrate nel mondo dei trasporti sanitari ordinari e urgenti.
A fianco della crisi economica, l’erosione della base di volontari
In questa analisi non si può nascondere, e lo sottolinea la frase di Giani sul pieno alle ambulanze, che le persone che fanno volontariato non sono più disposte a mettere a disposizione il proprio tempo, la propria capacità, la propria formazione e i propri soldi. Il volontariato è sempre stato un polmone che si espande nei periodi di crescita economica e che si contrae nei momenti di crisi, quando la volontà di fare del bene al prossimo diventa inversamente proporzionale con le esigenze di bilancio della propria famiglia. Anche per questo motivo, oggi, il mondo del volontariato si sta affidando tantissimo ai bandi di Protezione Civile e al coinvolgimento di uomini e donne già in pensione. ANPAS, Croce Rossa, Misericordie stanno creando tanti progetti che diversificano l’azione dei volontari su più fronti. Questo perché ci sono tante necessità, ma quelle precedenti non perdono la loro importanza.
Come lavorare quindi per risolvere i problemi sul tavolo?
Prima che la crisi faccia finire la benzina per le ambulanze, la pazienza dei soccorritori, e i soldi per le bollette, bisogna organizzare una risposta che vada oltre alle logiche di Protezione Civile, che fino ad oggi hanno nascosto il problema per “colpa” del Covid-19.
Rischiare di lasciare gran parte del territorio Italiano sguarnito da presidi assistenziali localizzati – capaci di dare una risposta BLSD di base in pochi minuti anche in aree disagiate o remote – è un rischio che vogliamo correre? La peculiarità che rappresenta la più importante caratteristica del sistema di emergenza italiano dovrebbe essere tutelata. E allo stesso tempo, è necessario anche dare ai soccorritori che vogliono fare della propria vocazione una professione, strumenti e formazione per costruirsi un percorso. Affinché il soccorso sia sempre più efficace e sicuro. Ma tutto questo ha bisogno di una unità d’intenti che è davvero difficile – oggi – vedere attiva.